Ti voglio ricordare con quella coppa alzata nella capitale ex nazista, in quel luglio di fortuna e di dedizione che da sempre sono gli ingredienti dell’intelligenza. Caro Fabio, la tua uscita è stata oltremodo intempestiva, e così rancorosa da sembrare dettata dal livore perfino al mio nipotino di 23 giorni.
“Il Napoli non vuole costruire per il futuro“. Questa frase non mi sembra quella di un tifoso deluso, nè mi è parsa educata. L’aggravante, la lesa maestà, la colpa che in passato ti avrebbe spedito nella mani robuste del boia è che in quel Napoli ci gioca tuo fratello, e da capitano. Tradotto nel linguaggio schietto del cuore, senza la contaminazione della buona creanza sociale è come se avessi detto” De Laurentiis, cari tifosi, vende solo miraggi, magico illusionista che fa sparire i mazzi di banconote come Merlino i conigli. Vende Cavani, e il suo sostituto sarà appunto solo all’altezza di essere un sostituto, cioè un panchinaro del Matador promosso al campo per furba vendita”.
E’ triste la tua uscita, e certo non mi ricorda quell’altra di uscita, quella della semifinale con i Panzer, quando non solo arginasti il pericolo, ma sparasti il cannone che portò al secondo gol. Ora sei entrato in un takle irrazionale, a palla ferma, spezzando caviglie e ricordi. Cerco di trovare una logica al tuo verbo, ma non la trovo. Una querelle personale con il presidente è diventata un misero pretesto per sputare su una squadra che dici di portare nel cuore.
Fabio, un detto napoletano, a me carissimo perchè attualissimo dice ” Pullecenella quanno non sape c’addà dicere, arrape e chiude a’ vocca“. Oggi questo proverbio ha trovato un nuovo firmatario.
Carlo Lettera
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