VISITA – Ieri Damiano Tommasi, presidente dell’Aic, e il direttore generale, Gianni Grazioli, nel loro giro dei ritiri hanno fatto tappa a Dimaro e hanno incontrato a pranzo i giocatori del Napoli. E in questa occasione sono stati messi al corrente della richiesta del club: “non iscrivetevi all’Aic perché i diritti di immagini sono della società”. In realtà al Napoli i calciatori cedono i diritti individuali perché quelli collettivi legati soltanto allo ‘sfruttamento del volto’ in virtù delle intese intercorse con la Lega Calcio e dello statuto dell’Associazione vanno nel ‘portafoglio’ dell’Aic che li usa proprio per l’album delle figurine, cioè per autofinanziarsi. Da questo punto di vista, lo statuto dell’Aic, all’articolo 25 è molto chiaro: “L’attività pubblicitaria attinente all’utilizzazione del diritto di immagine, del nome e dello pseudonimo, se a titolo individuale, è liberamente esercitata da ogni iscritto all’Associazione Italiana Calciatori… L’iscrizione all’Associazione Italiana Calciatori comporta peraltro l’automatica concessione a quest’ultima dei diritti all’uso esclusivo del ritratto, del nome e dello pseudonimo degli associati in relazione all’attività professionale svolta dai medesimi e alla realizzazione, commercializzazione e promozione oggetto di raccolte o collezioni o comunque di prodotti che, per le loro caratteristiche, rendano necessaria l’utilizzazione dell’immagine, nome o pseudonimo di più calciatori e/o squadre”.
PUNTURE – Lo scorso anno la situazione collettiva si sbloccò con un accordo che per la prima volta prevedeva la divisione a metà dei ricavi tra Aic, che prima incamerava tutto, e Lega. Non è la prima volta, comunque, che il Napoli invita i suoi giocatori a non iscriversi all’Aic: medesimo invito sarebbe stato rivolto anche all’inizio della passata stagione. Questa situazione di incomunicabilità è confermata anche dal fatto che il Napoli è l’unico club della A a non trattenere sullo stipendio la quota associativa cosa che si fa per tutti i lavoratori iscritti a un sindacato. Dal punto di vista dei princìpi, è evidente che l’invito fa a pugni con l’articolo 18 della Costituzione Italiana che recita “I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione per fini che non sono vietati dalla legge penale” e, addirittura, con l’articolo 20 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo per cui “Ogni individuo ha il diritto alla libertà di riunione e di associazione pacifica”. Il caso, insomma, non è così semplice come a prima vista può apparire.
Fonte: Il Corriere dello Sport
Articolo modificato 16 Lug 2013 - 11:18