Doveva essere una festa ma, per fortuna, è prevalso il buon senso. Doveva essere la notte delle presentazioni tra nuovi acquisti, Higuain su tutti, nuove maglie, nuovo inno, nuovo intrattenimento al femminile. In una sobrietà fino ad ora estranea al Presidente, ci sono stati i primi due e sono stati, purtroppo solo, rimandati gli altri due. Passi per l’inno di cui onestamente abbiamo quasi ormai bisogno, le femmine che si dimenano le potremmo ammirare il 9 agosto col Benfica. Quale avversario dal nome più azzeccato! In tutti i casi, il motivo per cui la festa non c’è stata è tragico e il “politically correct” non permette di commentare ironicamente il sospiro di sollievo che, seppur nella tragedia, ci ha fatto tirare. E non dite che non è vero!
Ma partiamo dall’inizio. Eravamo a Dimaro quando si annunciò l’uscita dei biglietti per un’amichevole estiva. Di tutto rispetto, ma pur sempre un’amichevole estiva. E Higuain non era ancora nostro. “Che facciamo? Li prendiamo quando torniamo?”. “Secondo me le curve finiscono!”. “Eeeeeesaggggeraaaato! Chi vuoi che venga il 29 luglio?”. “Vabbè, io chiamo e me li faccio fare comunque”. “Va bene, biglietti per tutti”. E infatti, San Paolo stracolmo, curve finite e noi saremmo rimasti fregati alla grande. Da qui l’insegnamento che una persona con l’ansia nel gruppo fa sempre comodo! Ecco perché presentarsi allo stadio in largo anticipo è stato quasi un dovere, come un pegno da pagare per aver dubitato della fedeltà alla squadra. Anche se a fine luglio e per un’amichevole estiva. E un dovere anche nei confronti di un amico venuto da Bra apposta per vedere un’amichevole estiva, il 29 luglio. Questo già fa capire bene la follia che ci ha circondato per tutta la partita.
Facciamo fare la prima palpatina della stagione allo zaino, varchiamo il nostro primo tornello della stagione, salutiamo “Guaglio’, chi ‘o e’!” e compriamo la nostra prima acqua della stagione. Le nostre prime nove/dieci acque della stagione. Nel pre-partita i primi saluti e abbracci e baci della stagione. E i nostri complimenti per i tantissimi e sudatissimi lavori per il restyling del San Paolo. Poi, quando capirò quali sono, cartellonistica a parte, ve li elencherò. Saltano agli occhi invece le tre maglie coperte, pronte a svelarsi al mondo. Ed eravamo tutti lì col fiato sospeso e col terrore negli occhi. Poi quando tutto comincia e i giocatori sono chiamati uno ad uno, per nostra fortuna, così abbiamo avuto tutto il tempo di far sentire la nostra stima verso chi giocava alla playstation con l’Inter e chi vorrebbe farlo con la Juve, possiamo vedere un pantaloncino azzurro, uno giallo e uno grigio. Pensiamo: “La mimetica tanto temuta non c’è. Mica l’avranno messa sul grigio? Mica sul giallo? Chiaramente non sull’azzurro!”. E infatti, quello che dalla curva sembrava grigio era un verde e la mimetica c’era ed era proprio sotto i nostri occhi. Terribile. Preferisco non commentare e andare avanti. Durante la partita, abbiamo solo immaginato Behrami con il fucile e con l’elmetto al centrocampo e il quadro era completo. Non so se compatire più chi l’ha disegnata, chi l’ha scelta, chi ha dato l’autorizzazione o chi la comprerà. Forse l’ultimo.
Superato lo shock, torniamo in noi e siamo pronti per la partita. Notiamo le casse nuove, ma che continuano a non far sentire un benemerito cavolo. Ci rimpalliamo la voce di una prima in casa col Bologna. Qualcuno ha invece già tutto il calendario stampato nella memoria. E ci prenotiamo con il nostro amico veronese per la seconda giornata in trasferta col Chievo. Ci portiamo avanti col lavoro. La verità è che abbiamo fame di cominciare, e allora cominciamo!
Apprezziamo, e non poco, Rafael. Bravo coi piedi, bravo tra i pali, bravo a pregare. Praticamente un quarto d’ora prima, un quarto d’ora dopo e a Cavani se lo mette in tasca. Chiaramente prime allusioni e paralleli: “Se tanto mi dà tanto, questo ce lo ritroviamo subito circondato da femmine e tanti saluti al Signore!”. Apprezziamo Callejon e apprezziamo pure lo sforzo dei tifosi nel tentativo di chiamarlo correttamente. Il più bello è sicuramente stato: “Ha spostato Carillon a sinistra e Insigne a destra”. In effetti, in un paio di girate e finte, è sembrato una ballerina del carillon. Apprezziamo sorpresi Mesto. Ieri è stato indegno del suo cognome e io degna del mio. Apprezziamo l’enormità di Drogba e, giuro, non è stata una donna a farlo. Apprezziamo le curve in silenzio per rispetto, anche se fa strano in uno stadio pieno. Apprezziamo il goal avversario, ma soprattutto apprezziamo i tre goal, quello di Zuniga su tutti. E qui, mi soffermo per descrivere un fenomeno pittoresco e una pantomima che solo noi potevamo mettere in scena. Un delirio di massa che fa venire fuori tutto il lato infantile e romantico del tifoso che vuole il lieto fine a tutti i costi. Zuniga forse va alla Juve e si fischia. Zuniga viene invitato a saltare, lui non salta e si fischia. Zuniga entra in campo, veste la maglia azzurra e si continua a fischiare. Zuniga tocca la palla e si fischia. Zuniga si propone, raccoglie un assist favoloso di Insigne, scarta il portiere e la mette in rete proprio sotto la curva e si applaude. Zuniga viene invitato a saltare, lui salta e si applaude. Zuniga tocca il pallone dopo il goal e si acclama. Zuniga si acclama e lo stadio grida a gran voce il suo nome. Zuniga si esalta. Zuniga non va più alla Juve. Zuniga va all’Inter. Questa è stata la deduzione logica in curva. O per lo meno di quella parte di curva che non vuole farsi prendere in giro e né tanto meno prendere in giro nessuno. I più romantici hanno fatto pace con il colombiano, io ho fatto pace solo con una delle tante contraddizioni e incoerenze di questo strano mondo. Evidentemente, tifare semplicemente per la propria squadra del cuore è diventato troppo banale.
Sempre Forza Napoli e bentornati a casa!