Napoli Sivori / Nel calcio, come nella vita, ci sono tanti lati oscuri che il tempo non è in grado di decifrare, nonostante le testimonianze soggiunte nel corso degli anni, a voler fare luce su quelle vicende che lasciano tanti punti interrogativi. E’ forse destino che alcuni casi restino inspiegabili, così come accadde quando Omar Sivori lasciò Napoli abbandonando i propri tifosi e lasciandoli interdetti con una decisione che fece scalpore e che a distanza di anni ha determinato una scia di rimpianti che ancora oggi restano nella mente dei tifosi, sognatori incalliti di quella esigua possibilità di raggiungere il tricolore con circa vent’anni di anticipo.
Dopo due stagioni fantastiche di Omar, che divenne l’idolo della folla partenopea grazie anche alle giocate funamboliche e una padronanza di tecnica sopraffina, nel campionato 1967-68 subì un grave infortunio ad un ginocchio che lo costrinse a restare fermo per diversi mesi, per subentrarvi per pochi incontri alla fine, che ne determinarono una estromissione legata al suo stato di forma non propriamente adatto per essere schierato sin da subito. Il carattere di Sivori era conosciuto da tutti per essere estremamente polemico e attaccabrighe, così cominciarono i primi problemi con il tecnico Pesaola, che misurava le prestazioni dell’asso argentino, sperando di poterlo recuperare pienamente, senza per questo rischiare di bruciare l’operazione di recupero messa in atto. A fine stagione l’alterco tra i due determinerà la partenza di mister Pesaola, che accettò di trasferirsi a Firenze, dove contribuì alla vittoria del primo storico scudetto viola. A Napoli arrivò alla guida tecnica Carlo Parola che ordinò subito l’immediato recupero di Omar, spedito a Grado per curarsi come si conviene. Ma al ritorno, Sivori cominciò a fare le solite bizze, pretendeva di avere rassicurazioni certe circa il posto fisso in squadra, senza doversi guardare dalle staffette con Barison, che gli contendeva la maglia. Tutto viene reso pubblico quando, dopo una gara, il medico sociale Corvino, il tecnico Parola e Sivori hanno un violento battibecco, con oggetto della discussione la precaria forma di Sivori, il quale asseriva di poter durare tutti i novanta minuti di gioco, mentre Parola è sicuro che non può durare più di un’ora. Interviene l’ad Fiore, che spegne gli animi e, dopo una riunione straordinaria con la dirigenza partenopea, comunica a Sivori la decisione di comminargli una multa di un milione. La prosopopea di Omar era eloquente, si sentiva il migliore di tutti ed il risultato fu ben presto che lo spogliatoio fu stufo di stargli dietro e sopportare quell’atteggiamento al di sopra delle righe.
Il Napoli, nel frattempo, le buscava in Europa contro il Leeds in Coppa delle Fiere, il 13 Novembre ’68. Il 18 dello stesso mese, scende in campo contro il Palermo, segna il gol vittoria e si riprende quella parte di pubblico che aveva cominciato a sbuffare delle sue continue scenate. Tutto sembrò tornare al proprio posto, gli azzurri avevano l’obbligo di rialzarsi in campionato, ma a Vicenza, nella gara successiva, uscirono nuovamente sconfitti (2-0). Arriva la Juve, c’è aria di riscatto, assieme con una palese tensione che rende l’ambiente elettrizzante. Senza dimenticare che i bianconeri sono allenati da Herrera, l’uomo che spinse Sivori ad andar via, tanti erano i punti di disaccordo nell’esperienza juventina di Sivori durante la sua permanenza, dopo che l’asso argentino aveva dato l’anima per otto stagioni, realizzando 135 reti e divenendo il mito che tutti conoscevano. La partita tra Napoli e Juventus resterà alla storia per un episodio che vide coinvolto Sivori ed il suo marcatore Favalli. A seguito di una serie di colpi al limite del regolamento, dopo una serie di provocazioni, conoscendo anche l’irascibilità dell’argentino, la tattica ebbe i suoi frutti quando Omar colpì Favalli che cadde a terra sotto gli occhi dell’arbitro che, senza mezzi termini, lo cacciò fuori. Seguirono l’argentino negli spogliatoio mister Chiappella, l’azzurro Panzanato e lo juventino Salvadore. I precedenti di Sivori, all’epoca il calciatore più sanzionato di sempre, giocarono a favore della giustizia sportiva, che comminò all’argentino sei turni di squalifica (addirittura nove a Panzanato).
Su tutte le furie, Sivori si lascia andare, addirittura convocando una conferenza stampa in cui fecero scalpore le sue parole: «Penso che il presidente Catella dovrebbe occuparsi di più di ciò che accade nella Juventus. Dieci giorni prima della partita con il Napoli, per esempio, Salvadore e Del Sol hanno fatto a pugni e a Torino nessuno ha parlato. Così come non hanno parlato di altri incidenti, quando Salvadore prese un ferro dal bagno degli spogliatoi per darlo in testa a Heriberto e fu trattenuto da Del Sol, o quando Combin prese a pugni Heriberto, il quale, almeno una volta la settimana, lo sfidava a battersi fuori dallo stadio; o quando Dell’Omodarme scagliò una sedia nella schiena di Heriberto o quando ancora Del Sol ruppe una bottiglia di acqua minerale per poi darla in testa allo stesso Heriberto. Inoltre Herrera rimproverava sempre Sacco in questi termini: «Sei buono solo ad ammazzare ì vecchi!», perché Sacco aveva avuto un tragico incidente d’auto. Questa è la Juventus, una squadra che scende in campo con i nervi tesi. Una squadra che non scende in campo tranquilla, perché Heriberto più che al calcio la prepara a fare a pugni!».
Parole pesanti, dichiarazioni pungenti e infanganti che spinsero la dirigenza bianconera a far scattare i deferimenti, compreso quelli per i presidenti delle due squadre, Catella e Fiore. Dopo tutto quel polverone, Sivori cedette sotto i colpi della disciplina sportiva, e comunicò al presidente di voler abbandonare il calcio, per tornare in Argentina in via definitiva. Le sue ragioni furono emblematiche, quella scelta aveva un chiaro messaggio: «per protestare contro le sei giornate di campionato ingiustamente inflittemi: una forzata pausa che compromette irrimediabilmente il mio campionato». A 33 anni, decise di mettersi a disposizione del suo”primo amore”, Il River Plate, dove vi giocò per qualche partita, utile per accorgersi di non mantenere più i ritmi di un’atleta, di non riuscire più a rispondere a determinati sacrifici necessari per far parte di una squadra di calcio. Anni dopo quella decisione, tornò in Italia dove divenne un famoso opinionista, determinato a stigmatizzare i comportamenti di alcuni campioni, nonostante lui stesso fosse divenuto vittima di quella sindrome tanto comune ai grandi geni del calcio. La sua prematura dipartita ha chiuso definitivamente la possibilità di chiarire una volta e per tutte quali fossero realmente i motivi del suo addio al Napoli, all’Italia e al calcio, orfano, all’epoca, dell’unico genio che avrebbe potuto trascinare gli azzurri alla vittoria di quel sogno chiamato scudetto. Di seguito un filmato recuperato in rete, dove Sivori annuncia il suo addio al calcio durante la trasmissione “Canzonissima” condotta da Walter Chiari.
http://youtu.be/pHF9bJs1gVg