Napoli Alemao / In ogni provenienza sportiva esiste una precisa carta d’identità che riconosce a determinate nazionalità specifiche capacità tecnico/tattiche. Uno degli esempi più lampanti che si usa per giustificare quest’abitudine lo si prende dai brasiliani, che hanno la nomea di essere nella stragrande maggioranza dei casi giocatori votati all’estro, alla fantasia, a discapito delle capacità fisiche e tattiche che spesso lasciano a desiderare e costringono gli atleti che decidono di provare l’avventura in un calcio profondamente diverso ad un periodo di assestamento più lungo rispetto ad altri che provengono da realtà differenti. Ma le eccezioni che invalidano la regola ci sono, come spesso capita, a supportare la tesi che non sempre la nomea rispecchia la verità, bisogna comunque fare le dovute valutazioni del caso. E fu proprio ciò che fecero i dirigenti del Napoli quando decisero di andare ad acquistare Ricardo Rogerio De Brito, in arte Alemao (che in brasiliano vuol dire “tedesco“, soprannome affibbiatogli per via della folta capigliatura bionda) , nel 1988 alle dipendenze dell’Atletico Madrid, che a sua volta lo aveva acquistato dai brasiliani del Botafogo.
Alemao era un brasiliano decisamente atipico, forte fisicamente e ottimo in fase di interdizione, disponeva di senso tattico e capacità di rottura non propriamente da calciatore carioca, abbinava a tutte queste caratteristiche una straordinaria continuità che lo fece ben presto diventare un punto cardine del centrocampo azzurro, imprescindibile dalla sua duttilità. Il costo del cartellino fu di 4,6 miliardi di lire, non poco per un calciatore dell’epoca, anche se i margini di miglioramento del brasiliano erano tali da prevedere da lì a poco un aumento del valore del giocatore, spesso convocato anche in nazionale, dove vi entrerà in pianta stabile l’anno successivo. Il primo campionato in azzurro fu costellato da una brutta epatite contratta in Italia, che lo tenne lontano dai campi per sei mesi e ne condizionò in maniera determinante la prima stagione napoletana. Ci si accorse dell’importanza tattica di Alemao soltanto nella fase finale del campionato ’88-89, quando il brasiliano fu uno dei protagonisti per la cavalcata alla vittoria in Coppa Uefa, dove suggellò le sue prestazioni segnando uno storico gol nella finale di ritorno a Stoccarda. Da lì in poi, per gli azzurri il “tedesco” divenne imprescindibile, abilissimo quando agiva da mediano di rottura davanti alla difesa, capace di lunghe e determinanti cavalcate palla al piede, impressionante quando sradicava palloni dai piedi degli avversari di turno che gli si avventavano contro. Una tipica immagine di Alemao nell’album dei ricordi che la memoria ci consente di consultare ci mostra il riccioluto brasiliano nella famigerata posa di calciatore che avanza con la palla, calzettoni abbassati sulle caviglie, gambe prive di parastinchi, che all’epoca erano un optional di cui i più duri decidevano di farne a meno, impegnato a costruire un’azione di ripiego con la classica opera di interdizione che lo ha caratterizzato nel periodo napoletano. Assieme col baffuto carioca, il Napoli conquisterà anche uno scudetto ed una Supercoppa italiana, per calare vistosamente agli inizi degli anni novanta, causa anche l’età che cominciò a farsi sentire.
E’ purtroppo ricordato da molti per l’episodio della monetina di Bergamo, dove, nel ’90, il Napoli conquistò la vittoria a tavolino a causa del trauma cranico in seguito al colpo dovuto al lancio di una moneta da cento lire subito dal brasiliano, a cui Carmando, storico massaggiatore dell’epoca, intimò di buttarsi a terra per intervenire con le cure di primo soccorso. Ne susseguirono polemiche roventi e accuse al vetriolo, che furono capaci addirittura di modificare la regola della responsabilità oggettiva. A distanza di anni dichiarerà di aver avuto precise indicazioni, affermazioni ritrattate poi con la conferma che, in ogni caso, il trauma cranico ci fu e l’episodio non era da meno al gol clamoroso non assegnato al Bologna contro il Milan, nell’altra sfida-scudetto. Ad ogni modo, proseguirà Alemao, il Milan, perdendo a Verona, ha cancellato ogni dubbio, poiché anche con il pareggio di Bergamo il Napoli avrebbe vinto per un punto. Ci piace però ricordare Alemao per ciò che ha fatto sul campo, per quello che è stato in grado di dare alla squadra partenopea in quegli anni, e cioè tanta grinta, potenza d’urto e carisma utile per vincere ed essere protagonisti. Forse gli sarebbe dovuto riconoscere qualche merito in più, probabilmente lo si sarebbe dovuto proteggere più energicamente quando era il momento. La cessione all’Atalanta, nel ’92, non pote’ fare altro che rinvigorire quel ricordo di qualche anno prima, dove proprio a Bergamo fu accusato di essere un attore, abile ad interpretare il proprio ruolo nella sceneggiata napoletana. Che si voglia credere o no al complotto, Alemao rimarrà uno dei brasiliani più forti che il Napoli ed il campionato italiano abbiano mai avuto il piacere di vedere giocare. Attualmente sarebbe un lusso avere un giocatore di quel calibro, oggigiorno il “tedesco” farebbe gola ai più grandi club europei in circolazione. Anche per questo, la venuta a Napoli di Alemao può considerarsi un altro punto a favore del blasone di questa società.
Ecco il filmato della finale, dove nei primi minuti è possibile ammirare il gol di Alemao nella storica gara di Stoccarda, che consegno agli azzurri la Coppa Uefa: