Domenica il Catanzaro giocherà a Lecce con il lutto al braccio. La scelta della società è particolare: rendere omaggio a un tifoso. Sarebbe impossibile farlo a ogni occasione simile. L’eccezione è spiegata da un bellissimo gesto d’amore nel momento più terribile: il crepuscolo di una esistenza. Carlo La Forza aveva 38 anni, due bimbi piccoli e una passione: il Catanzaro. Agli amici, incontrati nelle trasferte più vicine a Milano, ripeteva: «Spero che presto Francesco mi chieda di portarlo con me allo stadio. E spero faccia il tifo per i miei stessi colori». Progetti di vita, speranze, sogni e altro ancora. Tutto spazzato via a giugno, dopo una polmonite e una visita di controllo con sentenza: «Preparatevi al peggio». Forse è stato allora che Carlo ha pensato a un modo per andare oltre la morte, per lasciare qualcosa di concreto a un figlio di soli 3 anni. Con dignità ha combattuto la battaglia, sopportando cicli di chemio e radio.
Ma ci sono angoli dove nemmeno la malattia più bastarda può arrivare: le passioni sono intoccabili. Quella per il Catanzaro era speciale: lui nato e cresciuto a Napoli aveva scelto di tifare per una squadra lontana. Non aveva cambiato idea neppure quando tutta la città era impazzita per un re argentino. Ma lui a Maradona aveva preferito Massimo Palanca. Dopo la laurea in Ingegneria, il viaggio verso nord in cerca di lavoro: prima Torino, infine Milano. E le domeniche in macchina per inseguire una passione dentro uno stadio. L’ultimo a Prato lo scorso aprile. Due mesi dopo Carlo ha trovato un avversario imbattibile. Forse. Quando ha capito che non c’era nulla da fare, si è rizzato in piedi, lo ha guardato dritto negli occhi e gli ha fatto un tunnel, scavalcandolo. Come? Ha chiamato il club Massimo Palanca: «Voglio abbonarmi, mandatemi tutto a Milano. E fate presto». E quando qualcuno ha provato a capire il perché di quel gesto, si è sentito rispondere: «Voglio l’abbonamento, la ricevuta… voglio tutto perché mio figlio sappia, quando me ne andrò, che suo papà tifava Catanzaro». L’abbonamento è arrivato in tempo: Carlo è volato in cielo poche ore dopo la prima vittoria in campionato della «sua» squadra. Qualcuno spiegherà a Francesco il significato di passione, di tifo vero e non violento. E gli dirà che in una domenica di settembre il Catanzaro aveva il lutto al braccio nel nome di suo padre.
FONTE: Gazzetta dello Sport
Articolo modificato 20 Set 2013 - 10:42