«Thechaaampiooons!». Mercoledì il terrificante urlo del San Paolo e lo spettacolo di uno stadio strapieno avrà elettrizzato Aurelio De Laurentiis, ma non tanto come il 26 settembre 2004. Perché quel giorno non era Champions League, non giocava il Borussia Dortmund, solo il Cittadella, C1, eppure il San Paolo si riempì lo stesso, più di 50.000 anime, più degli stadi di Serie A, quel giorno. Tanto che De Laurentiis avrebbe raccontato con gli occhi spalancati: «Riempivano gli spalti come le formiche. Impressionante». Un’emozione che era già un impegno a ricambiare: «La gente ha capito che ora a Napoli c’è un progetto per tornare grandi. Occorrerà un po’ di tempo e tanta pazienza». Anche se uno striscione del San Paolo implorava: «Noi ci siamo, vuje facite ‘e press…».
Una ventina di giorni prima, De Laurentiis si era presentato a Castelcapuano, sede del vecchio tribunale di Forcella, con un pullmino carico di legali e commercialisti. Una partita di 6 ore presso la sezione fallimentare e 29,5 milioni di euro per acquistare il titolo di C1 del Napoli che cambiava nome (Napoli Soccer) e si preparava a scalare l’inferno sotto la guida di Ventura, con un argentino dell’anima lunga, che di Maradona non aveva nulla: il Pampa Sosa. Al primo allenamento di Paestum mancavano palloni e divise: andarono a comprarli i giocatori con l’auto di Montervino. Falsa partenza: 3-3 con il Cittadella.
Tutti avrebbero evitato la maglia numero 10 del Pibe, ma per legge bisognava schierarla e cadde, pesante come il Vesuvio, sulle umili spalle di Corrent. Giocò anche il 18enne Abate. A gennaio sarebbe arrivato Grava, simbolo della continuità, un operaio in paradiso: dalla C1 alla Champions, ora lavora nel vivaio. Il non galattico Ignoffo segnò al Cittadella il primo gol del nuovo Napoli. In rosa c’era anche un certo Gerardo Schettino (2 presenze, un gol). Oggi che la Costa Concordia è raddrizzata, il Napoli è primo in Serie A e ha battuto i vice-campioni d’Europa. Dal Cittadella al Borussia: un film appassionante, lungo 9 anni. Ecco il trailer, più o meno. Reja sostituisce Ventura a metà stagione, ma si schianta contro l’Avellino nei playoff. La mancata promozione in B è un trauma. De Laurentiis molla, sussurrano. Invece resta, conferma Reja, punta i piedi contro il vento: è uno dei momenti chiave del film. Il campionato successivo è una cavalcata trionfale sull’onda dei gol di Calaiò. Il 28 ottobre 2006 con l’AlbinoLeffe, Reja vara la prima difesa a 3 che diventerà una griffe della casa. Difesa a 3 anche con la Juve: segnano Bogliacino e Del Piero davanti a 60.000 formiche. In B. «Noi ci siamo, vuje facite ‘e press…».
I gol di Sosa e Calaiò portano la Serie A, festeggiata a Genova. Finalmente a casa, mille giorni dopo il pullmino in tribunale. Paolo Cannavaro dedica la gioia a Maradona e alla moglie incinta: «Mia figlia nascerà a Napoli». È sceso dalla A per aiutare la sua città a risalire. De Laurentiis traccia il nuovo piano di volo: «Una squadra europea, con pazienza e senza star. Non cerco un Maradona che risolva da solo, ma un’orchestra». In pratica annuncia il felice ciclo di Mazzarri, arrivato dopo Donadoni che presentò la squadra sulla Costa Concordia, senza troppa fortuna. Dal 2009 al 2013 Mazzarri ha trasformato una squadra pericolante in una di vertice, dalla forte identità di gioco, capace di sollevare una Coppa Italia e di regalare al San Paolo le magiche notti di Champions che mancavano da Diego. È l’epopea dei Tre Tenori (Hamsik, Lavezzi, Cavani), diventati star a Napoli, grazie a una società che sa investire, vendere e autofinanziarsi. La striscia di bilanci in ordine sono altrettanti trofei. Ed eccoci al film in corso, che tende al lieto fine. Bravo Mazzarri, chef da cucina povera, che sa trarre il massimo da ingredienti umili. Anche all’Inter. Ha portato il Napoli all’ultimo campo base, ma dava l’impressione che gli mancasse l’attrezzatura per l’assalto alla vetta. L’hollywoodiano De Laurentiis chiedeva di più. Uno come Benitez, che ha già scalato una Champions.
Ci riprova con Higuain, con i suoi spagnoli, con Insigne, trascurato dal predecessore, e soprattutto con la qualità del suo gioco offensivo. Mercoledì il Napoli ha avuto il 60% di possesso palla e ha tenuto il baricentro medio 5 metri più avanti dei vice-campioni d’Europa. Dati che contano più dei gol, perché segnalano una mentalità nuova. Alta cucina da conquistatori. Abate, che giocava in C per De Laurentiis, ora aspetta il Napoli che arriva a San Siro da favorito. «Noi ci siamo, vuje facite ‘e press…». La squadra che il San Paolo sognava quel giorno lontano col Cittadella forse è arrivata.
FONTE: Gazzetta dello Sport