Se il “software” targato “Rafè” è ancora in fase di caricamento, vuol dire che il suo programmatore sta aspettando che la sua creatura impari da se stessa, come i computer più diabolici. Ma occorre normalità, abitudine, ovvero tutto il contrario di quello che il Napoli degli anni precedenti era abituato a mettere nel dimenticatoio, riservando gli abiti migliori solo per le grandi occasioni, tirando spesso a campare di ebbrezza, cogliendo il carpe diem della serata di gala e smarrendosi nel momento dell’abitudine al risultato pieno.
La cura è contro le interruzioni, forse pure con le controindicazioni in caso di ricaduta, con la parola serenità in testa e tanta rabbia in corpo. Ma è la normalità che sta entrando nel vocabolario del Napoli. Per Higuain, Reina, Albiol e Callejon certe dinamiche sono una routine, e l’evento Champions, la partita di cartello, lo scontro diretto, questi calciatori li hanno imparati da bambini, cresciuti presso gli imperi del pallone, a suon di lezioni quotidiane ed esempi d’altri tempi.
Benitez questo lo sa bene, ed è per questa ragione che sta allineando tutti sulla stessa riga, nessuno escluso, per far sì che ognuno impari dall’altro, che a ogni elemento non sfugga l’errore e la prodezza del compagno, che la parola “titolare” non diventi gerarchia acquisita, ma momento d’impiego fine alla squadra e al risultato, ma che domani, a prescindere dalla prestazione, potrebbe già essere di un altro, e non perché non si è stati all’altezza, ma perché ci si prepari per la chiamata successiva.
La linea luminosa del “wait please” sotto la guida di Benitez, è lenta a riempirsi? Solo un’impressione. E poi, leggere in spagnolo. Il motto “Sin prisa pero sin pausa” annuncia l’acquisizione guidata della normalità, che non è una cosa così semplice da ottenere. E non si tema per le emozioni, perché piacciono pure a Rafa. Quelle non sono a rischio. Si sa che proprio a Napoli sono “normali”.
Sebastiano Di Paolo, alias Elio Goka
Articolo modificato 24 Set 2013 - 14:27