La comprovata capacità di conseguire il massimo bottino auspicabile, si è rivelata condizione sufficiente per ritornare a credere di nuovo nelle potenzialità della squadra di Benitez.
Eppure, appena qualche giorno fa, al cospetto del clamoroso ed inatteso pareggio contro il fanalino di coda Sassuolo, lo scenario era repentinamente e drasticamente mutato.
Seppure sul banco degli imputati ci hanno scaraventato quello stesso Napoli reduce dalla “presa di Milano”, quella medesima squadra che ha saputo palesare una notevole capacità di resistenza ed un invalicabile spirito di sacrificio che gli hanno consentito di rimanere virtuosamente relegata in un angolo del ring ad incassare i colpi inferti dall’avversario – i quali hanno trovato l’apoteosi della loro espressione nel rigore parato dal “gigante buono” Pepe Reina – in attesa del momento utile e maggiormente ferace per impostare la propria cruenta replica ed infliggere letali e dilanianti affondi.
L’efferata e bruta dirompenza di quegli stessi colpi ha consentito agli “angeli azzurri” di mandare al tappeto i “diavoli rossoneri”.
Eppure i lividi ed i tagli conseguiti durante quel match, unitamente alla labile attitudine di sostenere, nell’arco di tutti gli sfiancanti round, un lucido, perenne, rapido ed efficace “gioco di gambe”, costituivano un sonoro campanello d’allarme che poteva e doveva imprimere nelle coscienze di tifosi ed addetti ai lavori, ma anche, probabilmente, nella mentalità dello stesso Napoli, la convinzione che fosse sensato ed opportuno non sottovalutare il Sassuolo e tributargli il consono e doveroso rispetto, approcciando alla gara con la concentrazione che merita ogni avversario.
Ciascuna partita è una storia a se, questo è risaputo, ma, dopo la lezione di mercoledì, abbiamo ulteriormente imparato che il calcio è un gioco beffardo, fallace ed imprevedibile, nel quale nulla è designabile come scontato e che mai, in nessun caso, esistono partite “facili” o già vinte sulla carta.
Un pareggio indigeribile come una sconfitta, quello maturato contro il Sassuolo, dal quale è scaturito un vortice di sommarie polemiche e burbere critiche, contro Benitez e gli “uomini cardine” dello sciagurato turnover inscenato lo scorso mercoledì al San Paolo.
Paolo Cannavaro costretto a chiudere i propri account Instagram e Twitter; Benitez dipinto come uno scellerato “novellino del calcio”, incapace di impiegare le risorse di cui dispone per ricavarne il migliore e massimale rendimento; la rosa azzurra classificata come una delle più scarne e striminzite del Campionato e, pertanto, destinata ad ammainare celermente qualsivoglia velleità e sogno di gloria.
La piazza di Napoli non ha voluto né saputo perdere la prima occasione utile per professare come e quanto sa essere sfrontatamente esigente, ma soprattutto, per sbandierare la propria marcia indole di popolo acerbo ed insicuro, geneticamente predisposto all’indomita e petulante pratica dell’ “arte del lamentarsi”.
Pertanto, quella conseguita sul campo dei “cugini” genoani, è la vittoria di Rafa Benitez.
L’allenatore del Napoli, ad onor del vero, ha saputo, ancora una volta, suffragare di possedere gli attributi necessari per ergersi a leader capace di trainare la propria flotta dove vuole, quando vuole esattamente come vuole.
Benitez ha illustrato la sua carismatica e granitica personalità rilanciando il turnover, noncurante del massacro mediatico al quale, le sue scelte, nell’ambito della gara precedente, lo hanno sottoposto, relegando in panchina gli “uomini simbolo” Hamsik ed Higuain, schierando l’esordiente Zapata e riproponendo, nella ripresa, nuovamente il martoriato Cannavaro.
E’ la vittoria di una mentalità innovativa, propulsiva, saldamente ancorata ad un credo calcistico capace di forgiare un’identità di gioco ed una forma mentis ben delineate e nitide.
Troppo sicuro del potenziale della propria squadra Benitez, assai all’avanguardia la sua mentalità, capace di impartire l’ennesima, eloquente e lungimirante lezione di calcio e di vita al “popolino” di addetti ai lavori e tifosi che, nel corso dei giorni precedenti, hanno inscenato “il Festival dello scempio” di qualsivoglia ideologia etica e calcistica degna di essere annoverata come tale.
“Il cavallo vincente si rileva alla fine della corsa”.
Che l’obsoleta e fatiscente mentalità che vige in talune frange di napoletani, faccia tesoro di questo insegnamento, frutto polposo e succulento di quanto avvenuto nell’arco di questa settimana ed impari a riporre maggiore fiducia in quegli uomini che “sul campo” mostrano e dimostrano di saperne essere meritevoli.
I fatti avvenuti ieri sera in quel di Milano?
Inutile sprecare le ordinarie, qualunquistiche e retoriche parole: rappresentano solo un’eloquente e schiacciante prova del fatto che i colpi inferti dagli “angeli azzurri” ai “diavoli rossoneri” domenica scorsa, sanguinano ancora e proprio non vogliono saperne di cicatrizzare.
Questa è la più acuta e sonora “punizione” auspicabile per quelle vituperabili ed ignobili menti razziste.
10, 100, 1000, infiniti di questi “scontri”.
Luciana Esposito
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Articolo modificato 29 Set 2013 - 12:45