“E’ tardi, sono stanco e assonnato, oltre che arrabbiato per aver visto in tv il mio Napoli prenderle dall‘Arsenal, una signora squadra, per carità, ma c’era pur sempre l’obbligo morale di provare a fare la voce grossa, tentare di scardinare il bunker dei gunners, cercare di limitare i danni e di provare a bagnare le polveri dei cannoni londinesi. Nulla, le abbiamo prese, una lezione di calcio, non c’è dubbio, ma la rabbia diventa sdegno quando sento gli echi di voci relative ad incidenti, e subito comincio a pensare che siamo alle solite e che l’ignoto gruppetto di imbecilli ha fatto la bravata.
Fino a qui lo sdegno resta nei limiti del tollerabile (mica tanto), considerando che qualche testa calda inglese avrebbe potuto nottetempo aizzare, attraverso futili motivi, qualche personaggio solito a perdere le staffe con estrema facilità, ed il gioco è fatto. Ed invece si è letto e visto immagini di qualcosa che va al di là di una semplice scazzottata, di uno scontro tra ultras che se le danno di santa ragione per via di una bandiera, di una maglia, di un colore. Non è accettabile che succeda, ma il codice cavalleresco degli ultras, si sa, valuta e contempla scenari del genere. Ma non è successo così. Ad andarci di mezzo sono state persone come me, come voi, umili lavoratori, semplici persone che hanno un’attività e che tirano a campare vendendo qualche panino e servendo birre al tavolo. Ed ecco soggiungere la vergogna, quando vengo a conoscenza che il tutto è nato perché lo stupido di turno ha inveito contro il cameriere, reo colpevole di non aver aggiunto al menù la pizza, il simbolo culinario della nostra città. Oltre allo scempio dell’aggressione, anche la blasfemia di aver violato uno dei prodotti che inorgogliscono e ci portano sulla bocca del mondo per ben altre ragioni.
Non ci voglio e non ci posso credere che questi personaggi si debbano definire napoletani come lo sono io, proprio io che vorrei condividere con altre tifoserie la loro passione unita alla mia, per realizzare un collage di colori, di esperienze, di vita vissuta in una concezione di calcio diversa dalla mia. Io, che sono stato privato della bellezza dello stadio per facinorosi del genere, che hanno violentato la mia passione, sottoponendola alla tortura della pay per view, io che amerei viaggiare e visitare gli stadi che la sorte dei sorteggi ci impone, per aumentare il bagaglio di conoscenza e per portare in giro i colori della mia squadra del cuore, l’amore per la nostra Napoli che supera i confini del mondo, l’attaccamento viscerale verso una cultura sportiva che spinge il cuore al di là delle semplici “domeniche da stadio“. Io, che alzo il coro dei napoletani per bene, tifosi azzurri che vivono per il tifo ed folklore, che odiano la violenza e aspirano a vedere il mondo con gli occhi dei veri appassionati, lontani dalle “mazzate” e dalle “tarantelle”, vicino ai cori, alle bandiere, alle “sciarpate” nella curva dello stadio avversario, ai fischi per i tifosi ospiti, a qualche sfottò simpatico, alle grida, alle urla e alle lacrime di gioia e di dolore.
Consentitemi di dire basta ai napoletani pessimi che ci rappresentano in trasferta, se dovesse ancora capitare ditegli che non sono veri napoletani, ma solo quelli di esportazione, quelli che non credono nel tifo vero, quelli che ambiscono ad una vetrina rotta, ad una sedia spaccata, a schiaffeggiare un passante o a qualche sputo dai finestrini degli autobus, mica a sostenere i colori dei partenopei. Io non ci sto, Io non sono e non sarò mai come voi. Dal profondo del mio cuore, noi non siamo napoletani…come voi!
“Lettera aperta di un anonimo tifoso napoletano, stanco del fango e della vergogna a cui, puntualmente, i veri napoletani vengono esposti”.