Cercando Hamsik, il miglior Hamsik. Quello inghiottito da una normalità che non è la sua, non può esserlo, non potrebbe. S’è smarrito Marek. Scomparso tra le pieghe di centrocampo e attacco, in un ruolo per lui nuovo, inedito, un passo dietro Higuain (0 Pandev), alle spalle del centravanti, in una zona di campo che pure sembrava fatta apposta per esaltarne le caratteristiche.
Cercando Hamsik. Quello di inizio stagione. Pronti partenza via, e un balzo da centometrista del gol. Quattro reti in appena due partite. Cifre da record, proiezione gol da mestierante d’area, allungo nella classifica cannonieri. Numeri mai visti. E pure il ritratto perfetto del giocatore che sa far tutto, gli assist e anche i gol. Lui. Hamsik, da copertina. Il manifesto napoletano per il campionato. Il simbolo di un progetto che è ora, è adesso, è un sogno diventato obiettivo. Un inizio travolgente, come e più di altre stagioni in cui pure era subito stato super. Due gol col Bologna, altrettanti a Verona contro il Chievo. Preciso al tiro, cattivo sotto porta. Hamsik fondamentale. Idolo indiscusso, leader silenzioso, capitano erede di quella napoletanità con la fascia che resta però di Cannavaro.
Hamsik più di tutti e soprattutto più del solito. Sembrava responsabilizzato, convinto, probabilmente (e finalmente) libero d’essere e sentirsi un solista, non soltanto uno dei tenori. Un bagliore per accendere il campionato. Luccicante come solo una stella può nelle notti di Fuorigrotta. Hamsik la luce. Poi, e pian piano, le ombre, il buio della stanchezza, e l’umore al crepuscolo: sceso sotto i tacchetti per quel mondiale che ha desiderato ed è già sfumato con la Slovacchia. Niente convocazione alla prossima. Per scelta. Resta a Napoli per allenarsi.
Cercando Hamsik. Il Gerrard di Liverpool, quello che per Edy Reja doveva essere il nuovo Lampard e che adesso è universalmente riconosciuto e riconoscibile. E‘ lui, è Hamsik, è la cresta più autentica d’Europa, un giocatore brand nell’epoca del calcio marketing, una faccia che è una maglia, il freddo slovacco scioltosi al sole di Napoli. Uno con la testa e il piede che sono un mirino: tutti i records ormai li ha sotto tiro. Presenze e reti azzurre tremano. Vacilla l’highlander Bruscolotti, rischia pure bomber Maradona: lontano quarantuno gol e un’eternità incolmabile.
Hamsik il trascinatore. L’uomo in più. Quello che da sette stagioni, e per altre cinque almeno, fa e farà la differenza. L’Hamsik di sempre, insomma. Anche di quest’anno. Però per poco, troppo poco per non averne già nostalgia. Per non cercarlo, aspettarlo. quasi implorarlo di tornare. Due partite soltanto, poi il calo: prematuro per essere fisiologico. Soprattutto fuori stagione per chi di questi tempi era sempre stato protagonista.
Cercando Hamsik. Disperatamente da trovare, e subito. Il Livorno è l’appuntamento stabilito, lo ‘sliding doors” col destino. E’ al San Paolo il punto di un grafico del rendimento che deve tornare ad impennare la sua curva. Come da andamento solito. Prestazioni, valore, peso specifico nella squadra, il tratto è sempre stato crescente. E allora un sussulto, una scossa, un segnale da dare: individuale e di squadra. Cancellare Londra, l’obiettivo. E poi sfruttare l’occasione, coglierla. Non sprecarla: il Sassuolo insegna. La giornata s’annuncia perfetta. Incroci, scontri paralleli e tutte le altre rivali scudetto contro tra di loro. C’è la possibilità di approfittarne, di vincere e tornare: il Napoli lassù. Hamsik semplicemente se stesso. Com’è da sempre, com’era appena un mese fa, come l’aspetta Rafa Benitez.
FONTE: Corriere dello Sport