Il trionfo delle ripartenze: Mertens e Pandev interpreti ideali

napoli_livorno_foto_serie_a_spazionapoli_mertensL’esatto contrario: eccola là quella partita che non ti aspetti, che è una visione deformata di ciò che suggerisce il copione, che racchiude il cinismo del Napoli e la leggerezza assoluta del Livorno. Tre minuti appena e stanno per sfilare i titoli di coda: perché se dopo centottanta secondi, la dose di un sano contropiede all’italiana viene somministrata da quel diavolo di Mertens, c’è ben poc’altro da interpretare.

La realtà va ben al di là della fantasia, in quella sintesi di match che poi sfila via lieve, sempre sulla stessa falsariga, dilatando il gap tecnico tra due entità (una astratta, il Livorno) deformate immediatamente. Il Napoli di Benitez s’è ridisegnato, ha assecondato la necessità di concedersi maggiore equilibrio sugli esterni, facendo rifiatare Insigne (che ha maggior propensione offensiva) e affidandosi a Mertens (che meglio conosce le zone da coprire). E però accade tutto in fretta e poi, nel tempo, nel corso di quel resta di una sfida ormai svuotata di pathos, succede ancora: è il trionfo di quelle che nel Terzo Millennio si chiamano ripartenze, perché forse fa più chic, chissà. E pure questa lettura della sfida, ma anche esecuzione di un’idea: è la capacità di ribaltare l’azione, di spedire a campo aperto una moltitudine di uomini, allargando il campo – di suo già abbondante con la superiorità numerica – e però anche di dargli profondità. Mertens e Pandev rappresentano la lezione di Benitez in maniera esemplare, gestendo la debolezza del Livorno e le proprie capacità (quelle del belga: di lanciarsi nello spazio gestendo e coprendo la sfera; quella del macedone, di dare ampiezza alla propria incursione, per poi chiuderla con il piede giusto).

Poi è delizioso palleggio, stavolta rare esagerazioni – attacchi razionali, con il numero giusto di calciatori oltre la linea del pallone – e attesa scientifica dell’errore altrui: la differenza è nella capacità di dominare tatticamente il match, dettandone i ritmi, scuotendo le linee con scatti fulminanti che demoliscono il Livorno, e poi anche concedendosi un pizzico di poesia con Pandev e Callejon, testimonianza d’una ricerca del senso pieno dell’estetica. Ma la radiografia di Napoli-Livorno (pure attraverso il quarto gol) è in quella assoluta vastità d’opzioni che non tralasciano l’uso ripetuto della transizione (per dirla in gergo cestistico): capovolgimento secco (concesso da Insigne), con rapidità di esecuzione (in pochi secondi) e di pensiero (con Hamsik che va a rimorchio per il tap in) e occupazione dell’intera larghezza dell’area (con Duvan Zapata che trascina via l’ultimo esterno). Si può ancora dire contropiede?

Fonte: Corriere dello Sport

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