ESCLUSIVA – Intervista a Lilian Thuram: “Io, il razzismo e il calcio”

ThuramTanti anni fa, arrivava in Italia una donna. Viveva in Guadalupa, ma dopo la morte del marito era costretta a fare due lavori al giorno. Poi, la decisione di lasciare i piccoli a casa. Dopo qualche tempo la donna si è spostata in Francia, e ha chiamato i figli lasciati soli. “Questo è cambiare il mondo, questo è avere coraggio“. Quella signora era una stella nera, quel piccolo arrivato in Francia era Lilian Thuram.

Abbiamo pensato a lui, al suo mondo di luce riflessa, alla sua battaglia per i diritti civili per commentare questi tragici giorni dopo la vergogna di Lampedusa.

Impeccabile, giubbotto grigio, scarpe nere e pantaloni neri, Thuram arriva in orario. Non parla molto, non ha l’ansia di intervenire. Ma quando prende parola non usa mezzi termini: “Razzisti non si nasce, si diventa. Il razzismo non è una cosa naturale, dobbiamo uscire da questa logica e da questa cultura“. Va dritto al problema, subito.

Anche gli italiani sono stati salvati da soldati americani neri, ma la storia ha spesso messo da parte quelle persone. Dobbiamo capire che nel 1948, quando si parlava ancora di diritti umani, ci si riferiva solo ai diritti dei bianchi!“.

Parliamo di diritti e di persone. Per una sera il calcio è messo da parte. “Molti quando pensano alle popolazioni nere si riferiscono solo alla schiavitù: ma non è solo questo! Non è importante il colore delle persone, ma la loro anima…“.

Sono nato in Guadalupa: quando c’era un omosessuale addirittura ci si stupiva. L’omosessualità va accettata, ci sono tanti giovani che si ammazzano per questo: non è giusto!

La discussione si sposta sugli Stati Uniti, e sui grandi neri che hanno fatto la storia.

Obama? Mia mamma è nata nel 1947, non si sarebbe aspettata mai, e ripeto mai, un nero alla Casa Bianca. Lo devo confessare anch’io: il giorno della sua elezione ho pianto. Obama è un simbolo, e il simbolo ti permette di pensare in maniera diversa. I bambini di oggi, grazie anche all’elezione del ministro Kyenge, potranno pensare che un ministro della Repubblica può essere di colore“.

Per Thuram la strada è lunga, e inizia proprio da subito.

Dobbiamo ripartire dalla scuola, dai bambini: dobbiamo superare le gerarchie del colore della pelle, dobbiamo aprire gli occhi. Anche semplicemente il mio poster attaccato al muro nelle stanze dei piccoli ha contribuito a cambiare il pensiero dei bambini italiani. Penso che questo sia l’unico modo per avere un mondo pacifico domani“.

LilianEppure ci sono esempi positivi.

Purtroppo la maggior parte delle persone non si chiede se è giusto il mondo in cui viviamo, seguono solo la tradizione, temendo il cambiamento. Ascoltano ed eseguono solo quello che gli altri dicono loro di fare. Dall’altra parte ci sono sempre persone che in silenzio cambiano il mondo, lottano per l’uguaglianza. Ma il cambiamento lo fanno tutti, non solo i neri“.

Poi Lilian si infervora. Lui ci crede.

Bisogna denunciare, alzare la voce: non facciamo finta di non vedere. Così rischiamo di diventare complici! E giusto che un giocatore nero sia fischiato in campo? Dimmelo, è giusto? – Lilian si agita: “Quando succedeva a me provavo pena per queste persone. – Alza la voce: ” Ti sembro una scimmia io?”.

Eppure, Lilian, ci sono persone come Calderoli, che riscuotono anche un certo consenso e sono all’interno di un partito che ha avuto la sua storia di successo al Nord Italia.

Provo davvero tanta compassione per questi individui. Chi ha paura del cambiamento non ha capito che il cambiamento fa parte della vita”.

C’è anche chi discrimina in base alla lingua.

“E l’italiano, vogliamo parlare della lingua? Ti racconto una cosa: quando ero ancora calciatore ho registrato uno spot con un famoso calciatore italiano (ma non posso dirti il nome). Ecco, parlavo l’italiano meglio di lui: allora? Chi era l’italiano in questione, io o lui?”.

Lilian non risparmia nessuno.

“Lo stesso Sarkozy, non conoscendo la storia, spara cazzate… Per questo credo che il modo migliore per rendere una società più giusta è arricchire la conoscenza!”.

lilian 1E il mondo del calcio? Troppo brutto per essere vero.

Eppure, credo che il calcio non faccia parte di un altro mondo: è solo lo specchio della società. Il razzismo più pericoloso, però, è quello che si sviluppa al di fuori degli stadi, quello che non vuole che le cose cambino. Il razzismo è tenere le cose come prima”.

Per una sera niente calcio giocato, niente polemiche, niente  voci sul suo presunto litigio con la moglie che gli è valso una denuncia, niente rigore non-rigore, niente Napoli, niente Juve, niente anti-Juve. Lilian sta per andarsene, ha capito che il tempo a disposizione è quasi terminato. Eppure accenna un sorriso.

Piano piano stiamo facendo la storia – dice. Dai, ce la facciamo!“.

Raffaele Nappi

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