Se c’è un dato che dà la prova inconfutabile di questo avvio esplosivo del nuovo Napoli di Benitez, è sicuramente la cifra registrata nella voce riguardante i gol fatti, con ben diciotto reti in appena sette giornate, e la netta sensazione che questo bottino potesse essere addirittura più corposo nonostante alcune rotazioni volute o obbligate all’interno del temibile pacchetto offensivo partenopeo. E’ una voracità agonistica che non va trascurata, soprattutto se si considera la riscoperta, avvenuta nell’ultima settimana, di un interprete di sicuro affidamento realizzativo e qualitativo, potenzialmente in grado di dare quella intercambiabilità necessaria lungo tutto l’arco della stagione, e capace di mascherare, talvolta, le piccole lacune patologiche di un’idea di gioco ancora da metabolizzare appieno.
Non sarà reclamizzato come i vecchi e i nuovi idoli dei supporter azzurri; però se si tratta di togliere le castagne dal fuoco, il suo caleidoscopio di qualità unico, seppur non continuo, gli torna sempre utile. E nell’inaspettata emergenza manifestatasi a cavallo tra campionato e Champions, acuita dai problemi fisici di Higuain, Goran Pandev si è fatto largo indossando nuovamente le vesti del risolutore pragmatico, avverso a qualsiasi tipo di ricamo fine a se stesso. Tre graffi precisi sulla pelle di Genoa e Livorno, che non risentono dell’opaca parentesi londinese sul patinato scenario dell’Emirates Stadium, visto e considerato che quella gara, il Napoli tutto, non l’ha affatto disputata.
Insomma, l’esaltazione della duttilità del macedone è servita a convincere chi storce ancora il naso quando lo vede a zonzo su e giù per il campo, con un incedere magari non troppo aggraziato ma subito pronto a dare il là all’assolo che conduce alla porta dell’avversario di turno. Benitez sa di possedere una risorsa preziosa; un jolly da utilizzare dove meglio crede, e che non appena vede le tinte amaranto della società di Spinelli fa il diavolo a quattro (sette gol in nove incontri). A volte i numeri spiegano meglio di qualsiasi osservazione tecnico-tattica o presunta tale; solo che Goran è un tipo schivo, di poche parole, e in una piazza alimentata dai bollenti spiriti un atteggiamento del genere può essere interpretato come eccesso di indolenza, superficialità o mancanza di mordente, costringendo il calciatore, e l’uomo, a posizionarsi ai margini delle alternative ideali dello scacchiere azzurro. Ideali, sì, ma per fortuna in completa antitesi con chi crede in lui ed ha investito in modo deciso sulle sue capacità. Anche perché ormai è risaputo, e le difese che lo hanno affrontato possono testimoniare: se c’è qualche complicazione, ci pensa Goran.
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