Non sarà reclamizzato come i vecchi e i nuovi idoli dei supporter azzurri; però se si tratta di togliere le castagne dal fuoco, il suo caleidoscopio di qualità unico, seppur non continuo, gli torna sempre utile. E nell’inaspettata emergenza manifestatasi a cavallo tra campionato e Champions, acuita dai problemi fisici di Higuain, Goran Pandev si è fatto largo indossando nuovamente le vesti del risolutore pragmatico, avverso a qualsiasi tipo di ricamo fine a se stesso. Tre graffi precisi sulla pelle di Genoa e Livorno, che non risentono dell’opaca parentesi londinese sul patinato scenario dell’Emirates Stadium, visto e considerato che quella gara, il Napoli tutto, non l’ha affatto disputata.
Insomma, l’esaltazione della duttilità del macedone è servita a convincere chi storce ancora il naso quando lo vede a zonzo su e giù per il campo, con un incedere magari non troppo aggraziato ma subito pronto a dare il là all’assolo che conduce alla porta dell’avversario di turno. Benitez sa di possedere una risorsa preziosa; un jolly da utilizzare dove meglio crede, e che non appena vede le tinte amaranto della società di Spinelli fa il diavolo a quattro (sette gol in nove incontri). A volte i numeri spiegano meglio di qualsiasi osservazione tecnico-tattica o presunta tale; solo che Goran è un tipo schivo, di poche parole, e in una piazza alimentata dai bollenti spiriti un atteggiamento del genere può essere interpretato come eccesso di indolenza, superficialità o mancanza di mordente, costringendo il calciatore, e l’uomo, a posizionarsi ai margini delle alternative ideali dello scacchiere azzurro. Ideali, sì, ma per fortuna in completa antitesi con chi crede in lui ed ha investito in modo deciso sulle sue capacità. Anche perché ormai è risaputo, e le difese che lo hanno affrontato possono testimoniare: se c’è qualche complicazione, ci pensa Goran.
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Articolo modificato 7 Ott 2013 - 23:37