E allora che significa? Come la risolviamo? Il rischio è quello, dicevamo: da un lato parlano i numeri, dall’altro le prestazioni. Confonderli significherebbe essere superficiali. E visto che ci apprestiamo a vivere l’ennesimo week-end senza calcio, e la dipendenza da sport giocato incombe più che mai, passiamo il tempo ad analizzare le due situazioni.
Punto primo: l’approccio. E’ vero, Mazzarri è uno che lavorava meticolosamente ad ogni singola partita, spendendo diverse energie sull’approccio. Eppure match come quelli di Verona vinti quest’anno fanno capire qualcosa.
Due: la fame. Su questo, dobbiamo dirlo, non c’è nulla da rimproverare. I calciatori azzurri sono sempre scesi in campo combattivi e affamati, o quasi sempre. Quest’anno, soprattutto nelle prime partite, molti sono rimasti sbalorditi da un Insigne in versione Eto’o – Mourinho, a fare l’attaccante e a coprire come un terzino, merito di qualcuno?
Tre: la serenità. Diciamocelo: Benitez sembra avere la tranquillità dei forti. E’ successo a San Siro, contro il Milan, o al San Paolo, contro il Borussia. Mai un tono di troppo, mai una battuta esagerata: solo la consapevolezza dei propri mezzi, trasferita in maniera decisiva ai giocatori in campo.
Insomma, rispetto all’anno scorso sembra cambiato tutto e niente. Resta da capire una cosa: fino a che punto riusciremo a cambiare noi, i tifosi, quelli che non si accontentano mai, quelli che vorrebbero sempre un acquisto in più, che ogni domenica “Devi vincere”, che reagiscono male alle sconfitte, che dopo una vittoria “Oramai è scudetto”, che la pazienza è l’ultima delle virtù?
Ma questo, si sa, è nel dna dei napoletani.
Raffaele Nappi
Articolo modificato 12 Ott 2013 - 20:11