Bel gioco, simpatia, rispetto. Sono i comandamenti di Benitez. Nessuna «guerra santa» da fare alla Juve o all’Inter, nessun nemico da abbattere. Soltanto il suo calcio che trionfa sulle parole. Idee precise, certezze nessuna, ma la convinzione che «giocando meglio si possa anche vincere di più». Rafone ha conquistato Napoli. E lo ha fatto alla sua maniera: gioco e risultati. E tanto possesso di palla. Come è nel suo stile: dal Valencia al Liverpool, dall’Inter al Chelsea. Il suo marchio di fabbrica è questo: Benitez la palla preferisce tenerla per sé, vuole una linea difensiva alta, un pressing già nell’area avversaria, con conseguenti rischi, ma pure con meno metri da percorrere. Soprattutto per gli esterni. Lo sapevano tutti quando chiuse la villa di Colby, quasi ai confini con il Galles, per trasferirsi a Castel Volturno che questa era la sua caratteristica numero uno. Forse, il motivo principale perché De Laurentiis ha pensato al tecnico madrileno. Una svolta netta, rispetto al passato.
E lo si capisce leggendo le statistiche. Risultato? Il Napoli quest’anno è primo nella classifica del possesso palla. Con Mazzarri non era mai successo. Alle spalle ci sono Juventus, Roma, Inter e Fiorentina. La squadra azzurra ha una media del 59,9% di possesso a partita. Tradotto: cerca di imporre ogni volta il suo gioco e il suo ritmo. Nel corso di queste prime sette partite il Rafa-Napoli ha avuto il suo picco contro il Sassuolo (71% ma la gara finì 1-1) e quello più basso a San Siro contro il Milan (48%, ma il Napoli ha vinto 2-1). «Avere il dominio del possesso palla non è sinonimo di successo garantito – spiega l’ex centrocampista azzurro Salvatore Bagni – ma è il segnale delle squadre di personalità. Non ho mai visto una squadra ultima in classifica avere il sopravvento nel possesso. Poi quello di Rafa è un controllo del match intelligente: ruota sull’attesa del passaggio giusto e della finalizzazione al momento opportuno». Dunque, funziona così: controllo del campo attraverso palleggio e manovra fluida sfruttando meno la velocità. Il Napoli tiena palla più di tutti: 29’ e 36” a partita. Davvero niente male. Quasi mezzo minuto in più della Juventus e della Roma. Un possesso palla che comunque varia tra le gare in casa e quelle lontano dal San Paolo: 62,5% a Fuorigrotta, 57,3% in trasferta.
Il senso di questi numeri è nel tempo che ci ha messo Benitez per raggiungere questo traguardo: un mese e mezzo. Di più: il fantastico Napoli di Mazzarri lo scorso anno aveva un possesso di poco più di 26’ (giusto tre minuti e mezzo in meno) ed ha chiuso al sesto posto nella specifica classifica (preceduta da Juve, Milan, Fiorentina, Inter e Roma). Due anni fa la squadra del tecnico toscano chiuse quinta (possesso palla a 26’ 36” pari al 53%) e la stagione precedente andò persino peggio (possesso inferiore ai 25’ a gara). Il Napoli alla spagnola piace e incanta. Possesso di palla, certo, ma niente a che vedere con quel possesso palla insistito e mortifero (a volte, quando va male, persino soporifero), insomma il celebrato tiki-taka (o tiqui-taca in castigliano). Benitez dai suoi vuole la finalizzazione, non certo il possesso palla alla brasiliana o alla spagnola. Benitez del resto è uno studioso, maniacale, ossessionato dalla disciplina in campo. Tanto che ai tempi del Valencia studiava il basket per adattare il continuo movimento sul parquet anche al calcio. Senza dimenticare che Benitez ha smontato benissimo la squadra della stagione scorsa, proponendo una credibile alternativa tattica. Contro il Borussia Dortmund, per esempio, il Napoli in Champions ha avuto il 60% di possesso palla e ha tenuto il baricentro medio 5 metri più avanti dei vice-campioni d’Europa. Dati che contano quanto i gol, perché segnalano una mentalità nuova. Una squadra compatta, solidale, che si allunga di scatto, con le galoppate di Behrami e la accelerazioni del fondamentale Hamsik. La Roma di Garcia è avvertita.
FONTE: Il Mattino