C’era un Tizio, ieri nella tribuna Monte Mario dell’Olimpico, a Roma. Questo Tizio, quasi trent’anni fa, giocò una partita, in quello stadio. Quella partita si mise male, con due espulsioni e un gol sotto, nove contro undici e una terribile bufera che rendeva il pallone pesante una tonnellata e il terreno una palude. Però quella situazione disperata generò un piccolo miracolo sportivo, per cui i nove superstiti si voltarono verso il Tizio, e il Tizio decise che quella partita non sarebbe stata persa. E non si perse, col gol di un terzino di nome Francini e i nostri distrutti da una fatica epica sotto l’indomita curva di tifosi azzurri in trasferta bagnata, pazzi di gioia col lancio delle maglie. Chi scrive c’era, quella volta. E non riuscì a smettere di sorridere per una settimana, al pensiero di nove eroi che applaudivano sotto la curva che applaudiva loro.
Il Tizio, ieri, ha visto altro. Ha visto una squadra forse tecnicamente (e non vorrei bestemmiare) anche più forte di quella, capace di un possesso palla infinito, prima in campionato in questa speciale e probabilmente inutile graduatoria; in grado, ferita a morte, di tappare gli avversari nella loro metà campo; capace di mettere i propri piedi sapienti due, tre volte faccia a faccia col vecchio amico De Sanctis che poi si toglie lo sfizio di dare un grande dolore ai propri ex supporters. Ha visto una squadra così, il Tizio: ma ha visto una squadra priva di leader. Nella Sua squadra, leaders ce n’erano pure troppi. Bagni con gli irridenti calzettoni abbassati, per il quale nessuna palla era mai perduta ma anche in grado di fare gioco; Renica, che comandava la difesa con lunghe leve e ottima testa; Giordano, Carnevale, Careca, fuoriclasse di clava e fioretto, attorno a Lui, il Tizio in tribuna, leader dei leader, il più leader di tutti i tempi. Questo Napoli, probabilmente, l’unico leader ce l’ha in panchina. Ma dalla panchina è difficile vincerle, le partite.
In campo c’erano invece meravigliosi abbozzi incompiuti di leader, Hamsik che ancora una volta è scomparso nel momento topico, Higuain in aperto, tragico contrasto con lo staff medico che dice che sta bene mentre lui sostiene di star male, Behrami coraggioso e fortissimo quando c’è da strappar palloni ma mai in grado di effettuare una giocata vincente, Pandev e Insigne ipnotizzati, col piede molle. E il Tizio ha dovuto essere testimone del dramma umano che si è consumato in campo, col napoletano ex capitano, ex leader, ex intoccabile della difesa mazzarriana che consegna i due calci piazzati vincenti agli avversari (con le sue giustificazioni sul secondo episodio, per carità), collezionando due cartellini gialli e uno rosso. Il leader in panchina ha tentato di tutto, ma di più, in giacca e cravatta, non poteva certo fare.
Però avrà pensato che lui al di là del gioco alla squadra non può dare, e che se metti sullo zero a zero due volte un tuo calciatore da solo davanti alla porta e quello non la mette dentro, allora poi è facile che la partita si perda, anche se il rigore non c’era, anche se mancavano un paio di titolari. Nessun leader, in campo ieri. Niente è perduto, per carità: siamo a ottobre e una partita non può essere decisiva, a ottobre. E questa squadra è comunque forte, solida e orgogliosa. Ma per essere anche vincente, avrebbe bisogno di altre sfere, oltre quella in dotazione tra i ventidue in campo. Almeno altre due: quelle di cui era enormemente dotato il Tizio che c’era ieri, in tribuna Monte Mario.