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Maradona si conferma sempre Maradona: un fenomeno con i piedi e con le parole

Chiedimi chi era Maradona, una proposta senza senso. I giovani di oggi sanno benissimo chi sia stato il Pibe de Oro e grazie a tecnologie una volta sconosciute possono rivivere la sua carriera con un semplice clic. Impensabile solo 30 anni fa quando i Crujiff e i Pelè si potevano apprezzare solo nelle grandi occasioni (Mondiali ed Europei), mentre quelli che c’erano prima ancora (Valentino Mazzola, Di Stefano, Puskas) esistevano solo nei racconti di nonni e papà. Eppure, anche se i suoi gol parlavano da soli, vanno inseriti nell’epoca in cui il giocatore ha vissuto per apprezzarne il peso, il valore, spesso la simbologia. Da qui la necessità di godersi, ancora una volta, la storia del più grande calciatore di tutti i tempi. 

La stella di Maradona ha cominciato a brillare proprio mentre, alla fine degli anni Settanta l’impatto dei mass media nella vita quotidiana cresceva sempre più, nasceva la globalizzazione del sistema informativo. Diego ha saputo sfruttare quegli strumenti meglio di un gol. A 16 anni, ancora magro e spaurito, già annunciava che il suo sogno era quello di partecipare a un Mondiale e di vincerlo. Lo fece sul serio. Ogni dichiarazione, una pallonata già quando era al Boca Juniors. In Spagna non si sottrasse al tam tam mediatico, in Italia ogni vigilia era una tentazione. I giornali si fermavanostasera parla Maradona»), perché sicuramente ne avrebbe detta una delle sue. Un’abilità beffarda di trasfigurare la realtà, pur di prendersi la scena.
Al Mondiale 1986 segnò di mano durante la semifinale con l’Inghilterra, invece di scusarsi, ne andò fiero: è stata la mano di Dio, per vendicare le isole Malvinas, contese in guerra ai britannici. Per non parlare delle provocazioni a PelèHa perso la verginità con un uomo»). La finiamo qui: per giustificare la parabola della sua vita, con la squalifica per droga, poi è scivolato nella banalità dei complotti, con dichiarazioni non degne di lui. Sino alla più bella «Voglio uscirne fuori, l’ho promesso alle mie figlie». Ce l’ha fatta ed è stata la vittoria più importante.
Il Maradona di oggi, non ha ripetuto da allenatore i successi da calciatore, ma per la gente non conta. Continuerà a percepirlo per le magie regalate sul campo. Sopravvive nei ricordi, sui muri di Napoli, nei presepi di San Gregorio Armeno, nel nome degli stadi che gli sono già stati dedicati in Argentina. E poi i tifosi. Più che i bagni di folla di scudetti e coppe, commovente il pellegrinaggio di migliaia di argentini all’ospedale di Buenos Aires quando il Pibe era in rianimazione. Il re se ne stava andando, poi è tornato, impossibile non amarlo. Ascoltarne la storia, riviverne glorie e cadute, ricostruirne la carriera, ci riporta a un’epoca d’oro, l’ultima dei calciatori-simbolo, identificabili in una squadra e in una nazione. Maradona? Quello del Napoli e dell’Argentina. Ecco perché oggi è assurdo chiedere chi fosse Maradona: lo sappiamo, lo abbiamo sempre saputo.
FONTE: Gazzetta dello Sport

Articolo modificato 19 Ott 2013 - 09:51

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Scritto da
redazione