«L’anno dello scudetto mi rapirono per fare festa. E al San Paolo una parte della curva è intitolata “Quelli della notte”. Di nuovo campioni? Non è un miraggio, ma un sogno. Meraviglioso e importante per dimostrare che Napoli è positiva, vincente. Non è soltanto quella del disordine, della furbizia, della malavita, ma anche una citta positiva, ricca di poeti, intellettuali, grandi artisti, professionisti di primo ordine. Questa è la Napoli vera, classica, d’autore, la Napoli del futuro. La mia missione? Valorizzare questa Napoli, farla conoscere, ovunque. Anche nel Varesotto, tra sindaci leghisti».
Un Napoli che perde i suoi gioielli, Lavezzi prima, poi Cavani. Eppure è sempre lì, al vertice
«Perché ha tanti motivi per volere la riscossa, c’è sofferenza, ansia, angosce, ma anche sensibilità, merito, allegria. Essere lì, in cima alla classifica, fa un gran bene. Anche ai mie ragazzi dell’Orchestra italiana: in tournèe dall’altra parte del mondo, una vittoria dava la carica per suonare meglio».
De Laurentiis è uomo di spettacolo
«Quando è diventato presidente io e De Crescenzo siamo andati ad omaggiarlo. Mi ha chiesto di elaborare un adattamento sportivo di “’O sole mio” da lanciare allo stadio, ma non è semplice. Mi sa che il progetto è stato accantonato».
L’uscita di Maradona?
«Se la poteva risparmiare. Questo atteggiamento da lui non lo capisco, anche se penso fosse in buona fede. Maradona rimane il più grande giocatore del mondo, un grande artista. E i grandi artisti sono così, grandissimi e con caratteri bizzarri, terribili. Penso a Cassius Clay, o a Charlie Chaplin».
Tifoso al San Paolo, magari tra «Quelli della notte»?
«No, allo stadio sono andato raramente. Sono ansioso. Quella sportiva è una mia antica passioncella: giocavo malamente a calcio, terzino. Meglio a tennis. Ma con il mio spettacolo al Madison Squadre Garden ai Mondiali americani del’94 portai fortuna all’Italia. È il mio swing napoletano a portare fortuna».
Fonte: La Gazzetta dello Sport
Articolo modificato 25 Ott 2013 - 09:24