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26 settembre 2004. Parte da quella data questo editoriale. E non perché si vive di ricordi, ma perché i ricordi, al massimo, ti aiutano a vivere più realisticamente.

Ve la ricordate? C’erano tutti: 46.000 al San Paolo, uno dietro l’altro. Con bandiere, maglie diverse, colori sempre uguali. Era la prima ufficiale del Napoli di Ventura, era il ritorno al calcio giocato, un pallone vivo, finalmente, un gol, un replay, un risultato, un respiro a vuoto, un’esultanza. C’era Ignoffo, c’era Abate, c’era Toledo, che fece il 3-3.

Oggi, a ripensarci, ti rendi conto di quanto il calcio possa essere strano, come la vita. Eppure guardate dove siamo arrivati. Domani bisogna vincere anche per questo: per dimostrare che la banda di Benitez viaggia  a ritmo alto anche in campionato, e non solo in Champions. Domani bisogna vincere perché la Roma potrebbe scappare ancora, o magari incappare in un primo stop in quel di Udine. Domani bisogna vincere perché la tradizione lo vuole, come lo splendido ricordo del Napoli-Lazio 4-3, quando il Milan viaggiava in testa, e il Napoli rincorreva alla grande.

Si vince per i cori, odiosi. Si vince per dare ragione, ancora una volta, al buon Rafa, e al suo benedetto turnover. Si vince per dire agli altri che il Napoli c’è, e che la sconfitta di Roma può essere solo un bel ricordo da tenere a mente come lezione. Insomma, c’è un Torino da matare, un Cerci da affondare e una banda azzurra da sostenere. Perché il cammino è lungo. Lo sappiamo bene, e noi ci siamo. E ci saremo.

Raffaele Nappi

Articolo modificato 26 Ott 2013 - 10:38

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