Arriviamo a questa strana domenica sulle ali dell’entusiasmo per la partita contro il Marsiglia. Lì abbiamo visto un Napoli che gioca, un Fernandez all’altezza, un Mertens migliore in campo, un Callejon che si conferma la migliore intuizione in un’azione tutta Real e sorprendentemente un piedino ben addomesticato di Zapata. Ma arriviamo a questa strana domenica anche e soprattutto chiedendoci a che ora andare allo stadio. L’ora legale, la partita alla mezza, la luce del giorno che ci disintegra come vampiri. Non siamo abituati a tutto ciò e, infatti, le curve, a un’ora dalla partita, ancora non si riempiono. Noi arriviamo alla spicciolata, quando i cancelli non sono ancora aperti, compatti e ancora assonnati. La sveglia alle otto, anche se in realtà erano le nove, ci ha sballato tutto l’equilibrio psico-fisico. Siamo in tre, infatti, a mettere il piede in fallo sui gradoni e a rischiare di vederci la partita dall’infermeria. Come se non bastassero Zuniga e Britos.
In tutti i casi, siamo sempre lì, sempre solito posto, sempre deck 4. E con noi, una special guest. Il Club Napoli Ivrea con una rappresentanza piemontese di residenza, ma assolutamente azzurri di fede. Praticamente dei pazzi che sono partiti con un minivan all’una di notte, sono arrivati a Napoli, hanno visto la propria squadra del cuore vincere, hanno “battezzato” tre neofiti del San Paolo nel migliore dei modi, e sono ripartiti. Che domani si va tutti a lavoro. Una meteora, probabilmente un’allucinazione di gruppo per quanto è stato breve l’incontro. Con qualcuno ci rivedremo per la partita con il Marsiglia, con qualcun altro per quella contro l’Arsenal, con qualcun altro ancora per entrambe. La follia, come noterete, si ripete spesso.
Il pre-partita va via tra una chiacchiera e l’altra. Raccogliamo notizie sugli scontri da chi è andato a Marsiglia, confermando il fatto che la sassaiola è partita “solo” contro i pullman; valutiamo il girone di Champion’s con tutte le combinazioni possibili per passare il turno, ma ciò che ne esce non lascia spazi all’immaginazione: dobbiamo vincere quelle in casa, senza se e senza ma. C’è stato anche il momento serio, con considerazioni letterarie su un libro che mi è stato consigliato e che leggerò: “Tre terroni a zonzo” di Antonio Menna: “Lasciare Napoli o restare? Domanda quanto mai attuale, ma per il momento direi restare e godiamoci sta partita.” Questa più o meno la conclusione di questa strana domenica.
La stranezza continua quando comincia la partita. Il primo rigore dell’anno. Tant’è che tutti ci chiediamo chi sia il rigorista, visto che fino ad ora non siamo stati messi bene. Poi vediamo Higuain avvicinarsi, poi si avvicina anche il portiere granata e pensiamo che, male che vada, possiamo attribuirlo alla sua simpatica correttezza. E, invece, il pipita tira una botta potente sotto la traversa che lascia tutti di stucco. La stranezza si completa con il secondo rigore dell’anno. Ormai non ci chiediamo chi sia il rigorista, ma, piuttosto, scottati dal passato, ci chiediamo se sia il caso di sfidare la sorte due volte su due. Higuain sembra leggerci nel pensiero e la piazza nell’angolino alla sinistra del portiere, che stavolta fa poco lo scemo. Poi sapremo che il rigore, molto probabilmente, è regalato e allora abbiamo la conferma che è proprio una stranissima domenica. Fatto sta che il pipita zittisce tutti i nostri fantasmi del passato dal dischetto con due rigori diversi tra loro, consecutivi e di freddezza da vero bomber. Grazie, Gonzalo. Poi mi ricordo che appena sveglia avevo previsto, o, meglio, chiesto, una sua doppietta per giustificare la levataccia domenicale e, allora, penso che questa domenica si decreta troppo strana.
Ma la partita va avanti e le stranezze cominciano a diminuire per dare spazio alle solite certezze. Zuniga su quella fascia serve come il pane con i friarielli, Insigne non la mette dentro neanche a porta vuota, con una porta più larga, con la rete metallica e la palla magnetica, con il bigliettino “ritenta, sarai più fortunato” e con tutto lo stadio a soffiare verso la porta. Niente. Inoltre, dimentichiamo presto il piedino fatato di Zapata e lo rivediamo muoversi facendo fallo più o meno con la stessa frequenza di quello accanto a me che continua a dire “mo facciamo il terzo”, chiaramente allontanando sempre di più l’eventualità. Il Torino fa poca roba, è vero, ma noi sprechiamo troppo. E questa è un’altra costante del nostro Napoli. Con un’altra squadra, forse, non l’avremmo scampata, ma è anche vero che con un Albiol in più e, soprattutto, un Aronica in meno, quest’anno, viene molto più facile sentirsi ottimisti. Ancora ricordo, e non solo io, limpidamente quel suo fantastico e geniale retropassaggio a Sansone.
A fine partita, non sappiamo se pensare al pranzo, alla cena o a spalmarci una bella crema doposole. Un caldo oggi che neanche ad agosto o all’ultima di campionato. Il piccolo del gruppo, col bianchissimo pettorale scoperto, ci ha preoccupati tutti per non aver messo la protezione 50.
Andando via, con alcuni ci diamo appuntamento a Firenze, con altri a sabato prossimo. Ma in fondo eravamo già tutti col pensiero alla Roma che ad Udine avrebbe potuto fare un passo falso, affidandoci a Totò. Chiaramente non l’ha fatto, vince anche in dieci, Di Natale non ci regala neanche un sussulto, la Juve chiude con un rigore fuori area, giusto per riabituarsi all’aria del campionato italiano, e con un Tevez sempre decisivo. Insomma, una giornata in meno e una preoccupazione in più in vista del prossimo turno, non agevole solo per noi. E da strano, si è trasformato in un giorno non perfetto.
Qualcuno cantava, e da oggi purtroppo non lo farà più, “You’re going to reap just what you sow” (Raccoglierai ciò che hai seminato). Bene. Il campionato è ancora lungo e noi speriamo di raccogliere presto, prima che la cosa ci sfugga di mano.