Il primo Napoli “versione aperitivo” dell’era Benitez, quello andato di scena oggi al San Paolo, nel giorno in cui c’era da omaggiare “il Signor gioco del calcio” che ha spento 150 candeline, a dispetto dell’immagine ardimentosa e pimpante che, con compiaciuto ed intramontabile orgoglio, preserva e sbandiera su tutti i rettangoli verdi del pianeta.
A fargli pervenire il personale e sentito biglietto di auguri, da parte della Società Sportiva Calcio Napoli, ci ha pensato Gonzalo Higuain, attraverso la realizzazione di una sonora doppietta, utile, inoltre, a “prendere il Toro per le corna” e fissare il risultato sul 2-0, consentendo, così, agli azzurri di conseguire i tre preziosissimi punti ed, al contempo, capace di zittire con i fatti polemiche e teorie annesse alle sue stesse condizioni psico-fisiche.
Perché, seppure le due reti siano scaturite dalla trasformazione di altrettanti penalty, in entrambe le circostanze, dal dischetto, El Pipita ha dimostrato tutta la sua sfrontata e solida concretezza di attaccante puro, nonché di calciatore con la “C”.
La responsabilità che gravava sulle spalle, o meglio, sugli scarpini dell’argentino, in quei delicati frangenti di gioco, poteva maliziosamente indurlo ad incappare in un errore che rischiava di compromettere le sorti della partita e condizionare, non solo la prestazione della squadra, ma anche e soprattutto quella dello stesso attaccante argentino.
Qualora Higuain fosse un calciatore “normale”.
Giacché, la cinica, sicura ed arcigna professionalità di chi gioca a calcio per mestiere e riesce a confermarsi ed imporsi come “arma in più” ed elemento capace di “fare la differenza”, Higuain, oggi, l’ha palesata per ben due volte, allorquando si è trovato a ridosso del dischetto, a tu per tu con Padelli.
E quando un giocatore si porta sul dischetto ed, insieme al pallone, sa che lì vi sono adagiate tutte le incalzanti, effimere e sfarzose chiacchiere che, da settimane, gremiscono la sua ombra, oltre che lo spettro della “disfatta di Roma”, unitamente, alle “consuete e comuni” emozioni che introducono ed accompagnano la battuta di un calcio di rigore e, con rabbiosa e sfrontata concentrazione, sceglie di alzare la traiettoria del pallone, non curandosi del perentorio rischio di cadere in errore al qual si espone, affidandosi a quella tutt’altro che sicura modalità d’esecuzione, vuol dire che colui che ha tramutato in gol quel penalty è un calciatore vero.
Lo ribadisce nuovamente Higuain, qualora la sua prima realizzazione non fosse stata sufficientemente eloquente ed il messaggio di cui si faceva portatrice non recepito in maniera chiara ed ottimale, in occasione del secondo penalty fischiato a favore del Napoli.
Stavolta, l’argentino calcia di precisione, puntando con chirurgica e geometrica minuziosità l’angolo basso a sinistra del portiere granata che, ancora una volta, nulla può al cospetto di un’esecuzione condita da tanta accurata ed esperta maestria.
Rabbia, determinazione,raffinatezza, caparbietà, cinismo, tecnica.
Questo è quanto traspare dalla prestazione odierna di Higuain che con i fatti zittisce e smentisce pettegolezzi ed illazioni mosse da chi vorrebbe crocifiggerlo sotto una lapide di intransigenti critiche che si sintetizzano in un perentorio: “calciatore sopravvalutato”.
Tant’è vero che, rigori a parte, l’argentino ha mostrato un piglio ed una convinzione che, in più circostanze, lo hanno indotto ad impensierire la porta del Torino.
Segnali confortanti di ripresa o scontate conferme, giacché l’argentino si può considerare un attaccante dall’indiscutibile valore?
Questo è l’eterno dilemma, destinato a rimanere sulla cresta dell’onda, per molto altro tempo ancora, all’ombra del Vesuvio.
Luciana Esposito
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