LUI CHI E’ – Nove milioni di euro per esaudire quel duplice desiderio firmato dalla premiata ditta Benitez & Bigon, allineati e scoperti a inseguire un esterno che facesse al caso del Napoli, un diavoletto un po’ artista e un po’ no da sistemare sulla corsia di sinistra, per lasciargli campo alle divagazioni offensive, per strappargli il sacrificio e l’umiltà (di cui dispone in dosi massicce) nella fase passiva. La convergenza parallela viene scovata al primo summit di mercato, nell’inebriante fumo di Londra che sancisce il sì di Benitez al progetto di De Laurentiis, arricchito di idee nuove ed internazionali, rinfrescato da un respiro internazionale che consente di smarrirsi tra i tomi d’un tecnico che sa bene ciò che vuole e che nel primo confronto con il ds s’accorge dell’esistenza di affinità elettive: «Mi piace Mertens».Detto e fatto: perché il Napoli aveva allungato in Olanda la propria lente d’ingrandimento e studiava lo speedy gonzales dei Paesi Bassi nella penombra di Utrecht, sotto le luci della ribalta di Eindhoven, attraverso i filmati d’un triennio utilizzato per cercare la meglio gioventù d’un Belgio seducente, monitorato per provare (in tempi non sospetti) a prendere il portiere Courtois o per arrivare Vertonghen, certo per studiare Mertens.
L’UOMO OVUNQUE – Il calcio di Benitez è aderente a quel talento ancor tutto da plasmare, attaccante di sfondamento laterale o anche di contenimento, una freccia (azzurra) da sistemare in quell’organico in cui c’è Insigne e si vuole inserire Callejon, il profilo ideale per dare un senso ulteriore alla filosofia che ha prodotto risultati e che va legittimamente sostenuto attraverso soluzioni innovative. Mertens è il collante pre tattico d’una strategia trasversale: la punta laterale per ripartire, il gregario di statura per contenere, la miscela esplosiva per quel cocktail nel quale si combinano la fase attiva e quella passiva. Nove milioni, un affare (visto i prezzi che girano nonostante la crisi) e il primo colpo per riedificare attraverso il 4-2-3-1 eventualmente modificabile geneticamente in 4-4-2 proprio anche grazie attraverso al belga che non fa sconti a nessuno, neanche a se stesso, e che ha talmente tanta energia nelle gambe da potersi permettere comodamente di andare, rientrare e poi – infine – di ripartire: c’è uno scudetto in fondo al viale e poi il Brasile che l’aspetta. Serve il dono dell’ubiquità.
Fonte: Il Corriere Dello Sport
Articolo modificato 1 Nov 2013 - 09:37