HIGUAIN – El pipita d’oro in realtà è tecnicamente di platino: perché in quel bomber che segna al ritmo d’Higuain, contiene tante altre cose ancora, compreso il senso pieno dell’estetica ed un altruismo che non è dei centravanti. Cinque reti in campionato, però quattro assist complessivi da restare con gli occhi spalancati per chiedersi come abbia fatto, dove abbia scovato lo spazio (ma anche il tempo) per inventarsi un numero del genere, quell’esterno destro a girare per pescare Callejon; e poi anche l’uno-due al limite area.
Ma c’è spruzzata di genialità anche a Marsiglia, quando il «Velodrome» viene spento da un no look da applausi, con Callejon servito sulla corsa. Quando si dice un attaccante completo, indispensabile, intoccabile: un fuoriclasse, nel suo genere.
HAMSIK – Il vento dell’Est soffia impetuoso nelle prime due giornate, quando Marekiaro diviene un panorama mozzafiato: doppietta al Bologna e poi doppietta anche al Chievo, per partire lanciatissimo, come piace a lui. Che ora sta a quota cinque, che sembra ondeggiare ai limiti del Napoli ma che in realtà sta rifiatando, avendo speso tanto, avendo concesso come sempre tutto se stesso e dovendo calarsi in una dimensione tattica diversa, più punta e meno centrocampista, dunque difensori a lui più vicini e spazi meno ampi per andare a cercare l’irruzione letale (per gli altri).
Ma Hamsik è in linea con la sua magica tendenza di andare sempre in doppia cifra: da quando è a Napoli c’è sempre riuscito. E se alla decima giornata è già a metà del guado…
CALLEJON – Incredibile però vero: perché la realtà è nei fatti, in quelle cinque reti (sei con la Champions) che Callejon s’è concesso, stupendo chiunque, forse persino se stesso. Perché nessuno si sarebbe spinto a tanto, magari anche l’esterno voluto da Benitez e capace di diventare – immediatamente – l’ago della bilancia nello scacchiere tattico, l’uomo in grado di concedere equilibrio al sistema e poi anche di alteralo in fase attiva, trasformandosi in attaccante aggiunto. Callejon è l’ala dalla ripartenza letale, copre e poi riparte con una facilità disarmante: ha gamba, dunque corsa, ma soprattutto un concetto concreto del calcio ed una sua lettura appropriata. Ha la capacità di non esagerare mai, di concedersi però con estremo giudizio, si direbbe con altruismo. E poi con generosità: perché sei reti sono tante.
PANDEV – I numeri non mentono mai e dieci presenze in campionato testimoniano la verità accertata: questo Pandev ha una sua funzione, una priorità, un posto fisso nel turn-over e vabbé che ci sono varie panchine ma le statistiche narrano pure di sette gare da titolare, ora centravanti ora spalla tra le linee, dunque d’una considerazione ch’esiste. L’altra faccia di Higuain (e anche di Hamsik, per una volta persino di Insigne e Mertens) è quel macedone silenzioso ma anche orgoglioso, che due anni fa, stufo d’essere alternativo a Lavezzi e a Cavani, non fece nulla per nascondere il proprio disappunto, che quest’anno con Benitez s’è tenuto stretto il ruolo del part-time e pert il momento ha provveduto per quel che serve: doppietta a Marassi, contro il Genoa, in un pomeriggio utilizzato per rasserenare gli «orfani» di Higuain e rete al Livorno.
INSIGNE – Segni particolari: bellissima. E’ una punizione magistrale, è un pezzo pregiato della premiata ditta Lorenzo Insigne, è una parabola dolce e però perfida, che costa al portiere del Borussia Dortmund persino un dente. E’ il gol che manda in estasi il San Paolo, che praticamente chiude la partita contro gli uomini di Klopp, vice campioni d’Europa, mica un esercito di scapoli e ammogliati.
Ad Insigne manca l’acuto in campionato e lo scugnizzo di Frattamaggiore si starà ancora mettendo le mani tra i capelli, ripensando all’occasione capitatagli con il Torino. Ma nella rotazione, Insigne c’è sempre: ora a destra, ora a sinistra e se serve anche alle spalle di Higuain o di Pandev o comunque di una prima punta. Però la perla con il Borussia Dortmund resta…
MERTENS – Chissà se gli ultimi saranno i primi: ma, intanto, Dries Mertens è riuscito ad intrufolarsi nella classifica dei cannonieri, andando ad irrorare la schiera dei goleador d’una squadra che segna (quasi) sempre e che segna (quasi) con tutti. Mancava soltanto il belga all’appello, però nel consuntivo delle prime dieci di campionato la traccia di Mertens già c’era e il gol pareva fosse nell’aria: infatti. Grande prestazione a Marsiglia e poi, di slancio, anche con il Torino, procurandosi il primo rigore, dando ampiezza alla manovra e assicurando con Callejon la riproduzione della linea a quattro sulla mediana. Gli serviva però l’acuto e lo aveva invocato: ma che fosse così bello, figlio d’una giocata a due in un balletto che bisogno di testa e piedi, non l’aveva probabilmente immaginato.
ZAPATA – Ma chi è quell’omone che sembra tanto il panterone (ricordate Zalayeta?) nelle movenze, nella capacità – eventualmente – di far reparto da solo? Il soggetto misterioso (succede sempre così) si presenta con la stima di Mauricio Pellegrino, un allievo di Benitez che ha avuto modo di allenare Zapata: sei milioni di euro, una mini querelle estiva con il Sassuolo, poi l’acquisto prospettico. Ma qui con i giovani si procede: lo fa Benitez che dosa le presenze del colombiano, lo lascia crescere in allenamento, gli spiega il nuovo calcio e movimenti che forse gli sono sconosciuti, poi lo lancia, un po’ a sorpresa, a Marsiglia, in una gara con il risultato ancora in bilico, quando chiunque si sarebbe aspettato Pandev. Il 2-0 è un capolavoro tecnico nel quale c’è anche coraggio: palla a girare dal limite area, per spiegare al Napoli che quando vogliono lui c’è.
Fonte: Il Corriere Dello Sport
Articolo modificato 1 Nov 2013 - 09:50