Prima che la Roma si lamentasse dell’arbitraggio di Torino, i giallorossi avevano beneficiato di un rigore inesistente a Milano con l’Inter, di un penalty altrettanto inesistente col Napoli e, prima ancora, di un’espulsione molto generosa nel derby.
Prima che il Napoli beneficiasse di una svista durante Genoa-Napoli (sul 2 a 0 per i partenopei) per un fallo non visto di Cannavaro, Zapata era stato trattenuto, nella stessa partita, dentro l’area di rigore. Dopo che gli azzurri avevano beneficiato di due rigori discussi nella partita interna col Torino, subito dopo c’erano state due trattenute piuttosto evidenti nell’area granata. Prima che a Firenze l’arbitro negasse un rigore alla Fiorentina, ne aveva concesso uno molto generoso nel primo tempo e, con lo stesso metro di giudizio, avrebbe dovuto assegnarne uno sacrosanto per fallo su Mertens, (si era sul 2 a 1 per il Napoli), senza considerare la sconsiderata distribuzione dei cartellini, praticamente a senso unico.
Mentre riviste e quotidiani impazzano nelle pubblicazioni di classifiche senza errori arbitrali, la Roma piange sull’arbitraggio di domenica sera, dimenticando di aver sorriso, forse l’avrà fatto in segreto, per le sviste a proprio favore nelle gare precedenti. Le classifiche faziose pubblicate un po’ qua un po’ là, non considerano tutta l’aneddotica, ma solo quella che serve a favorire il fazzoletto ai piagnistei. Ha il sapore amaro del sentimentale questa analisi probabilistica della graduatoria senza errori arbitrali, spuntata fuori all’improvviso, che, sempre qua e là, dà il Napoli tra il sesto e l’ottavo posto, con sei, otto, dieci punti in meno.
Peccato che le stesse classifiche non tengano conto di sviste arbitrali a sfavore del Napoli nelle medesime partite incriminate, così come accade ed è accaduto a danno di altre squadre. Sì, perché in questo momento si ha la sensazione che la classe arbitrale, in netta difficoltà, stia affrontando le gare col timore pervaso dalla “statistica della simulazione”, diffusa come non mai nelle azioni dei calciatori. Allora si capisce come le intenzioni di certi giornali siano quelle di scrivere e istruire classifiche di campionato che si vorrebbero come non sono, sempre favorendo il fazzolettino a chi sa piangere meglio e privando l’occhio pubblico, se ingenuo o fazioso anche lui non si sa, di tutto il racconto degli errori, completo, integrato da tutti gli episodi, e non solo da quelli che fanno comodo agli stravolgimenti, che, come già accaduto in passato, giungono puntuali quando la classifica fa storcere il naso a chi la vorrebbe in un’altra maniera.
Ma perdonate le riflessioni tendenziose, perché forse non sono provabili, e derivano da quella che per molti si chiama malafede, dettata da un vittimismo di base reduce da altri piagnistei. Chissà, questione di percezioni. E perché negarselo? Meglio bandire le ipocrisie che adeguarsi alle solite maniere. Utile o meno, magari mettete in classifica pure questo, e qui, di omissis non ce ne sono.
Sebastiano Di Paolo, alias Elio Goka