E allora, Marek parte seconda. Quello rientrato dalla Slovacchia dopo la prima sosta della stagione: il 31 agosto parte in forma super per onorare gli impegni della Nazionale, all’epoca ancora in corsa per il Mondiale, con l’entusiasmo di due vittorie, due prestazioni di lusso e 4 gol distribuiti equamente al Bologna e al Chievo, e dopo una decina di giorni torna fuori dai giochi brasiliani – e dunque depresso – e incubando il virus di una strana trasformazione. Sì, è da quel momento che è cominciato il periodo nero: ritorna a casa-Napoli, lamenta un fastidio agli adduttori e Rafa, per non rischiare anche la (ravvicinata) prima di Champions con il Borussia, gli fa cominciare la partita del campionato, con l’Atalanta, dalla panchina. Salvo poi spedirlo in campo sullo 0-0 al 20′ della ripresa. Insieme con Callejon contribuì, sì, alla vittoria, ma da quel momento non è mai più stato brillante e spietato. Non è più stato il vero Hamsik.
La condizione fisica, allora, è stata di certo il primo ostacolo della stagione. E non è un caso che, in occasione del penultimo giro di convocazioni, di comune accordo con il Ct Kozak, rinunciò a partire: «Approfitto per sottopormi a un ciclo di terapie», dichiarò. Che sia chiaro: Marek non è infortunato, non ha un problema serio, però non è al top. La fatica, tra l’altro, è direttamente proporzionale ai chilometri che macina: lui corre e anche tanto, spesso più di tutti gli altri uomini in campo (con il Borussia e l’Arsenal, ad esempio), ma probabilmente il nuovo canovaccio non è ancora nel suo Dna.
La seconda considerazione è strettamente legata alla posizione in campo. O meglio, alla mutazione tattica di Benitez che, dopo anni di Reja e Mazzarri, e dunque di certi compiti svolti a memoria e a occhi chiusi, ha ovviamente coinvolto anche lui. Il maestro dell’inserimento e il virtuoso neofita del suggerimento, dell’assist, di cui è stato principale fornitore nella stagione precedente. Nel nuovo Napoli, Marek parte al centro del tris della trequarti e agisce quasi da regista d’attacco, svariando; e poi spesso gioca da seconda punta. Con i centrali avversari attaccati addosso. E pressa. E corre. Non è più prettamente la mina vagante e il fulmine, piuttosto è un perno con dei compiti più schematici.
Il momento grigio-nero e la sconfitta di Torino, d’accordo, però Hamsik, dal ritiro della Nazionale, predica calma e serenità: «Ci dispiace aver perso con la Juve, ma la Roma ha pareggiato e siamo sempre tra le prime tre: non è cambiato nulla per noi. Niente panico, il campionato è ancora lungo. Come sto? Bene, non accuso la fatica di tanti impegni: sono abituato. Ci si allena giocando»
FONTE Corriere dello Sport
Articolo modificato 12 Nov 2013 - 12:37