Mentre gli azzurri del Napoli maschile, impegnati con le rispettive nazionali, si sono concessi un week end oltralpe e quelli rimasti a soggiornare tra le braccia di Parthenope si sono goduti una serena ed armoniosa domenica, avulsa da impegni calcistici, per giunta suggellata anche da un convinto e gioviale sole, le azzurre del Napoli femminile, invece, hanno inscenato “la partita della ripartenza”.
Infatti, seppure ieri pomeriggio, tra le mura amiche del Collana, il match contro il Pordenone sia terminato a reti inviolate, quella partita ha assunto un significato importante, in prospettiva futura, in virtù della presenza di una spettatrice molto speciale: Paola Pisano, la nuova presidentessa del Napoli Calcio Femminile.
Un evento che concorre ad imprimere una corpulenta ventata di positivo ed ottimistico cambiamento e che ha risollevato umore e motivazione all’interno dello spogliatoio più rosa del calcio partenopeo.
Ad onor del vero, le azzurre, seppur al cospetto di un avversario infimo e capace di interpretare un apprezzabile gioco, hanno saputo ben figurare, battagliando per 90 e più minuti sotto una battente ed incessante pioggia.
Un pareggio utile a smuovere la classifica, ma, ancora di più, ad imprimere nell’ideologia, nell’anima e nell’identità di questa squadra un’iniezione di gioiosa speranza, al pari di quella che avrebbe potuto conferire una vittoria.
Le impavide armigere azzurre, ancora una volta, battendosi e battagliando su ogni singolo pallone, hanno saputo dimostrare, alla loro encomiabile maniera, che “il calcio non è roba da femminucce”, inconsapevoli di quanto sonora ed eloquente sia quella lezione gratuitamente impartita ai maschietti che, con motivazioni blande e fare approssimativo, si relazionano a questo sport, non conferendogli il supremo, totalizzante e sopraffino tributo che, piuttosto, loro, “le signore del calcio”, non si stancano mai di indirizzargli.
Non temevano che quella fastidiosa ed infima pioggia potesse spettinargli i capelli o rovinargli il trucco né tantomeno nutrivano timore verso quel campo, così pregno e pesante, che malignamente poteva mandargli qualche caviglia in disordine.
Quando queste ragazze sono al cospetto di un pallone e di un rettangolo verde, non vi è ragione che tenga: devono dare libero e totale sfogo alla loro indomabile passione.
Questa è la verità.
Lottano per amore, per il calcio, per la maglia.
Lottano per conquistare la salvezza ed assicurare, ancora e sempre, a quella parte di Napoli che sono chiamate a rappresentare, di figurare nel campionato di massima serie femminile.
Lottano per dimostrare che “Napoli sono anche loro” e che “il calcio sono anche loro”, animate dalla perenne ed instancabile speranza che, prima o poi, gli occhi del mondo calcistico si posino su di loro e si soffermino a guardarle quanto basta per carpire la pregevole espressione che contraddistingue quel loro peculiare modo di “giocare a calcio”, capace di conferire a questa definizione, la più semplice, ma maggiormente apprezzabile accezione di senso.
Lottano in silenzio, seppure i loro piedi urlino incessantemente e a squarciagola quanto grande sia il loro spirito di sacrificio, oltre che il sentimento che le induce a macinare fette di manto erboso miste a sudore e lacrime.
Lacrime amare, di gioia, di rammarico, di rabbia.
Lacrime intrise di emozioni viscerali, contrastanti, sincere.
In quel microscopico tassello che porta il nome di “Stadio Arturo Collana”, seppur costituisca uno dei più esigui ed impercettibili brandelli che compongono il complesso e sontuoso “puzzle del calcio”, quando si erge a palcoscenico delle partite del Napoli Calcio Femminile è racchiusa l’essenza più unica, genuina e pregevole di questo sport.
Quella alla quale tutti i tifosi auspicano, quella che sempre più raramente siamo abituati a rilevare sui più sontuosi e lussuriosi campi, ma che ci riveliamo incapaci di premiare ed apprezzare, nonostante sia proprio lì, sotto i nostri sonnacchiosi ed annoiati occhi, abili solo a grondare lamentele, in una domenica come questa, perché orfana di partite.
In realtà, questo week end, in casa Napoli, è stato infinitamente ricco di calcio.
All’altro Napoli, quello che è sceso in campo per “giocare a calcio”, non può essere imputata alcuna colpa se, quelli che si decantano cultori di questo sport, hanno preferito “dormire”.
Luciana Esposito
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Articolo modificato 17 Nov 2013 - 21:39