Non che sia già arrivato il momento clou della stagione, anzi, tutt’altro. Ci si trova in uno di quei momenti in cui serve non perdere la bussola e cercare di essere cinici quanto basta per punire l’avversario alla prima occasione utile, per portare in cascina la vittoria ed archiviare la gara senza sforzi emotivi, senza dare adito a reazioni per tentare di mettere in discussione quell’equilibrio psicofisico necessario per proseguire il cammino fino alla pausa natalizia, tra poco più di un mese, quando le somme della prima trance della stagione sarà bella e che arrivata, pronta per giudicare l’operato della banda Benitez. Non nascondiamoci dietro ad un dito, c’è bisogno di scovare il jolly in grado di dare continuità al progetto di crescita, c’è la necessità di trovare l’estro e la classe di qualche suo elemento in grado di permettere alla squadra di usufruire delle grandi giocate, del gol da cineteca in una gara avara di emozioni, della “rapina” in una gara tanto brutta che avresti meritato di perdere.
Insomma, è arrivato il momento di assegnare i ruoli agli uomini determinanti di questo Napoli, e se Mertens è una piacevole conferma di duttilità e sapienza tecnico-tattica, se Higuain è l’uomo dal gol facile, colui il quale promette di non sbagliare quando viene servito nei modi e nei tempi adeguati, se Callejon è la certezza che in questa squadra è l’uomo in grado di dare il cambio di passo per diventare letali dalla cintola in su, c’è dannatamente bisogno di chi faccia un po’ il lavoro sporco, il calciatore che si senta moralmente in grado di prendere sulle spalle la squadra per provare a giocare d’azzardo, pronto a farsi trovare lì dove la sorte può cambiare, l’uomo che sappia dare alla squadra una spinta non necessariamente legata ad una prestazione pregevole, ma che sappia essere letale come un cobra in agguato, spietato nell’essere decisivo anche quando la meritocrazia va a farsi benedire, stiamo parlando di guadagnare quei punti immeritati che, sommati a quelli sudati e strameritati, facciano la differenza e proiettino gli azzurri lì dove osano le grandi, le famose “sorelle” che sanno vincere in ogni frangente, con il sole e con la pioggia, con la malasorte e con la dea bendata a proprio favore, sempre e comunque in funzione di un sogno alimentato con ogni mezzo a disposizione, anche quando la macchina si ferma e bisogna spingere e faticare per superare il traguardo.
Per un compito così delicato non è facile chiamare all’appello un giocatore tirato a sorte, c’è la necessità di selezionare un patriota, un figliol prodigo, uno che conosce tutto di questa squadra, anche coloro i quali affollano le tribune, qualcuno in grado di sapere a memoria cosa si prova da napoletano, come ci si sente quando si perde o si vince, cosa scatta dentro in determinati frangenti, insomma è il tempo giusto per chiedere a Lorenzo Insigne di diventare protagonista, perché è nei suoi piedi che ci si può affidare per tentare la giocata vincente, il numero determinante, la funzione algoritmica che consenta di sbloccare quelle situazioni al limite dell’archiviazione per mancanza di idee, quegli attimi di annebbiamento in cui l’ombra del pareggio, o peggio, della sconfitta si affaccia impavida a minare il proseguimento del sopracitato sogno che tarda a morire, perché profondamente necessario per una tifoseria che vive di questo.Potrebbe essere l’uomo dell’anno Lorenzo, in questa particolare piega della stagione, in cui l’emergenza del rilassamento e la concentrazione spostata pericolosamente altrove può giocare un ruolo determinante ai fini del risultato finale. E per chi è scettico e non crede ancora nel valore di questo ragazzo, dia un’occhiata alla carta d’identità, che dice che a soli 22 anni è già proiettato ad alti livelli e il prossimo anno “rischia” di rappresentare Napoli assieme al compagno di squadra Maggio nei mondiali brasiliani. E non cadete nella trappola dell’età, andando a parare sul fatto che è un ragazzo troppo giovane e non ha i parametri adatti per caricarsi di una responsabilità così grande e gravosa.
No, “io non ci sto” su questa visione arcaica e stantia del prototipo del calciatore giovane che deve ancora essere svezzato e che “ne deve vedere acqua passar sotto i ponti“, i ventiduenni moderni fanno i fenomeni altrove e si prendono le maglie da titolari nelle grandi squadre del panorama mondiale e nelle rispettive nazionali. No, non potrebbe essere altrimenti, è Insigne il calciatore che risponde ai canoni richiesti per ricoprire questo ruolo, un modo come un altro per confermarsi a livello internazionale, l’esame più importante ma anche quello più immediato per mettersi definitivamente sul podio delle grandi promesse del calcio europeo, l’attestato determinante per essere finalmente profeta in patria, come nessuno mai è riuscito a fare all’ombra del Vesuvio, per sfatare un tabù, ma più di tutto per mettere lo zampino decisivo nella storia di questa società, che sente il bisogno di vincere qualcosa di importante, e farlo grazie ad un prodotto tipico della propria terra sarebbe la risposta più bella che ci si possa augurare. I presupposti ci sono, le doti non sono mai state messe in discussione, Lorenzo te la senti?
Articolo modificato 22 Nov 2013 - 10:51