OTTAVIO BIANCHI – Non è stato solo l’allenatore del primo scudetto, Bianchi ha militato in azzurro dal ’66 al ’71 (109 presenze e 14 reti) offrendo un quinquennio di tutto rispetto, grazie alla sua tecnica sopraffina e alla sua capacità di integrazione che soltanto per piccoli dettagli non gli hanno consentito di avere lo stesso successo anche in nazionale. Dopo aver traghettato la squadra al primo scudetto da tecnico è definitivamente entrato nella storia della società. ANTONIO JULIANO – “Totonno” è un pezzo di storia che mai verrà dimenticata. 394 presenze e 26 reti, l’onore di aver preso parte alla spedizione di Valcareggi nei mondiali in Messico nel’70, quelli mitici, famosi anche per la storica Italia-Germani 4-3. Gioco soltanto ì16 minuti della finale contro il Brasile persa dall’Italia per 4-1, ma resta un pezzo di Napoli che ha calcato terreni che appartengono al mito del calcio. Centrocampista tenace e carismatico, capitano azzurro e spirito impavido ne hanno fatto un calciatore completo che ha forse pagato una eccessiva concorrenza in nazionale negli anni d’oro della sua carriera a Napoli, che si è svolta da vero e proprio eroe azzurro. Diverrà dirigente della società per molti anni, uscendone in malo modo negli anni che anticiparono il fallimento. GIOVANNI IMPROTA – 131 presenze e 15 gol in azzurro dal ’69 al ’73 e ancora nella stagione ’79-80, il “baronetto” (chiamato così per i suoi modi regali) ottima tecnica di base mista a senso tattico ne ha fatto di Improta un calciatore stimato e apprezzato, anche per il fatto di essere un napoletano in maglia azzurra. La sua cessione dal Napoli alla Sampdoria portò a manifestazioni a Posillipo, il suo quartiere, sfociate anche in scontri con persone reputate vicine a dirigenti che avevano avallato la sua cessione. DIRCEU JOSE’ GUIMARAES – Per tutti è Dirceu, o meglio “lo zingaro” a causa delle tante maglia cambiate nell’arco della sua carriera. In azzurro 30 presenze e 5 reti (’83-84) , le sue grandi giocate non bastarono a farlo riconfermare, colpa forse anche dell’annata disgraziata del Napoli (salvo alla penultima giornata). L’arrivo di Diego poi fu determinante per il suo addio. DANIEL BERTONI – Dall’84 all’86 (53 presenze e 14 gol) ha raccolto meno di quanto meritasse, andando via l’anno prima che cominciassero i successi grazie soprattutto al connazionale Maradona. Centrocampista offensivo o attaccante, era in possesso di affinate doti tecniche e di un tiro potente, che era in grado di effettuare con entrambi i piedi. ERLADO PECCI – Solo 24 presenze ed 1 gol per lui in maglia azzurra (’85-86), regista dotato di ottima classe individuale, messa in evidenza grazie anche al classico “baricentro basso” che aiuta i calciatori dai piedi buoni a mettersi in luce. Grande carriera nel calcio italiano, poco più di un’apparizione in azzurro, andrà via proprio sul più bello… SALVATORE BAGNI – Pilastro azzurro negli anni del primo scudetto, ha gioito assieme all’amico Maradona, in una squadra in cui la sua tenacia e la sua grinta sono stati spesso l’arma vincente, assieme alle giocate del pibe de oro. Dall’84 all’88 ha collezionato 106 presenze e 12 gol in maglia azzurra. FRANCESCO ROMANO – Una parte degli esperti è convinta che sia stato il giocatore chiave per la vittoria del primo scudetto azzurro. Dall’86 all’89 in azzurro (65 presenze e 5 gol) abile palleggiatore e classico centrocampista dalla manovra oscura, onnipresente nel giropalla e letale quando, palla al piede, puntava l’avversario in velocità. In un solo aggettivo, prezioso. FERNANDO DE NAPOLI – “Rambo” irpino, 176 presenze e 8 reti in azzurro (’86-92), una carriera intensamente dedicata alla causa azzurra, dove fu presente a tutte le vittorie di quegli anni d’oro, conquistando anche la nazionale, divenendone un faro per alcuni anni. Cocciuto e tenace nel suo gioco, dava l’anima in campo grazie anche ai suoi polmoni d’acciaio, la sua grinta è stata un monito per tutti i suoi compagni di squadra. RICARDO ALEMAO – 93 presenze e 9 reti con la maglia partenopea (’88-’92) è stato uno dei brasiliani più prolifici della storia azzurra. Tecnicamente ineccepibile, bravo in interdizione quanto in manovra, anche per questo era un brasiliano atipico (uno dei suoi soprannomi era “lo svedese”) ha dato al gioco azzurro quel tocco di classe che serviva in mediana per fare il salto di qualità. MASSIMO CRIPPA – 150 gare e 9 gol con gli azzurri (’88-93), centrocampista tutto pepe, abile nell’interdizione quanto nell’impostazione di manovra, caparbia e sprint erano nella sua indole, ha vinto uno scudetto, coppa Uefa e Supercoppa italiana con gli azzurri, successi dovuti anche al suo contributo, a tratti imprescindibile.
JONAS THERN – 48 gare ed un gol in azzurro (dal ’92 al ’94), centrocampista svedese, abbastanza tecnico e dotato di una buona capacità di regia, avvalorata da un ottimo piede e una visione di gioco adeguata, ha pagato una leggera lentezza di manovra anche quando, per i soliti problemi economici, è passato alla Roma nella stagione successiva. MAREK JANKULOVSKI- 51 presenze e 8 gol con la maglia del Napoli, nel 2000 gli azzurri, su indicazione dell’allenatore Zdeněk Zeman, lo prelevano dal Baník Ostrava. Nella prima stagione in Serie A, a seguito dell’esonero del tecnico boemo dopo 6 partite, siede sulla panchina partenopea Emiliano Mondonico, che concede al giocatore più spazio del precedente allenatore. Il Napoli a fine stagione retrocede in Serie B e ricomincia una nuova stagione con il tecnico Luigi De Canio, il quale permette al giovane Jankulovski di mettersi in luce sin dall’inizio. Ottima tecnica individuale per uno della sua stazza, faceva delle conclusioni di potenza l’arma più pericolosa in suo possesso. Purtroppo le necessità economiche di quegli anni lo portarono ad una imminente cessione al Milan. VALON BEHRAMI – Dal 2012 in azzurro (42 presenze fino ad ora), il mastino svizzero è senza dubbio uno dei principali recuperatori di palloni della storia azzurra, in grado di attanagliare l’avversario fino a farlo cedere la sfera per far ripartire la propria azione. Puntuale e cattivo quanto basta, è capace di restare in quel limbo ai limiti del cartellino che lo posiziona tra i più intelligenti e carismatici centrocampisti interditori che il Napoli abbia mai avuto. E’ che la storia continui… MAREK HAMSIK – Il Gioiello venuto dalla Slovacchia, “l’enfant prodige” con 229 presenze impreziosite da 69 reti, e non è ancora tutto. Grandi capacità tecniche, visione di gioco, intelligenza tattica, indiscusse proprietà di inserimento e di battuta a rete, è forse oggi il prototipo del centrocampista moderno. Forse gli manca soltanto un pizzico di cattiveria agonistica in più per passare dalla parte degli indimenticabili della storia del calcio, non solo quella di Napoli.
Il centrocampista, ovvero saggezza, tecnica e temperamento fatte uomo. In ogni posizione strategica, in mediana, sugli esterni, come cursore di fascia o interditore nella parte centrale, come regista o come pedina con “licenza di inserirsi “, in ogni sua sfaccettatura questo ruolo ha sempre avuto la necessità di rispettare determinati parametri caratteriali e tecnico-tattici altrimenti difficilmente sarebbe stato funzionale alla squadra. In questo delicato ruolo la storia partenopea ha visto passare negli anni uomini che hanno lasciato il segno nel cammino, divenendo leader di un gruppo, capitani, condottieri e guerrieri durante le battaglie più impavide, a dimostrazione del proprio valore e della propria imprescindibilità.
In una difficile selezione, abbiamo scelto i migliori centrocampisti secondo il nostro modesto parere, e lasciamo la solita premessa relativa ad eventuali dimenticanze verso chi non è stato tirato in ballo, frutto di amnesie o di “dolorose ” scelte. Ecco l’elenco, pressoché definitivo, dei principali protagonisti della storia del centrocampo azzurro, buona visione!