Napoli-Parma veniva dopo due settimane di lunga sosta, diventata lunghissima perché arrivata dopo tre palloni presi a Torino che bruciavano parecchio. Napoli-Parma veniva al momento giusto per riscattarci e per dimostrare che noi non ci facciamo abbattere da scontri diretti persi senza giocare, dall’ennesima figuraccia a Torino e che possiamo tranquillamente essere da scudetto anche noi.
Infatti.
Napoli-Parma si è rivelato un disastro per chi è arrivato al San Paolo carico, pieno di entusiasmo, con la voglia di vincere e in forte crisi d’astinenza. Soprattutto per chi è venuto dopo 800 chilometri di viaggio, per assistere alla sua prima sconfitta a Napoli, da quando fa il pendolare da Torino con la sciarpa azzurra al collo. Sciarpa che, chiaramente, gli costa un controllo delle forze dell’ordine con sguardo sospetto, manco fosse Donato Bilancia, il serial killer dei treni. In tutti i casi, lo “straniero”, che poi è più napoletano di molti altri nati sotto al Vesuvio, arriva nel primo pomeriggio in zona stadio, così che possiamo assaporare quell’ammasso di ferro che è ormai casa nostra già molte ore prima. Poi, tempo di un caffè, mezz’ora di relax, uno sguardo alla formazione con Hamsik fuori per un problema al piede e via.
E da qui in poi, tutto è diventato surreale e tragico.
Perdiamo il tunnel sotto il quale di solito facciamo un rito scaramantico. Semplicemente ci distraiamo e lo perdiamo di vista. Quando siamo dentro, tutto è ovattato, gli spalti vuoti, il bibitaro “Chi ‘o ‘e” passa da noi solo un paio di volte, si registrano assenze pesanti nel nostro gruppo e in altri. In compenso si registrano nuove presenze e quest’anno le novità non hanno portato granché bene. C’è chi non mette la felpa del gruppo, ma un’altra sempre con l’azzurro del Napoli dentro, che resta, comunque, bocciata; qualcun altro si presenta con un maglioncino rosa improbabile. Girano polpette di melanzane e taralli e neanche un Borghetti. Sì, lo so. Non dovrebbero esserci all’interno dello stadio, ma sappiate che ci sono sempre stati e sempre ci saranno e non hanno mai fatto male a nessuno. Anzi col freddo, cominciano ad essere indispensabili. Amen. E il fatto che ieri ne ho visti pochissimi doveva già insospettirmi. Poi comincia il riscaldamento e a me sembra brevissimo. Manco il tempo di sentire un amico che traduceva perfettamente una versione di latino, non chiedetemi perché, e già avevano fatto i tiri a porta. Comincio a pensare che Benitez abbia ridotto anche questo fastidioso riscaldamento, oltre al ritiro e alle sedute di rifinitura del mattino. Pare che siano rimasti, però, lo spritz prima di entrare in campo e la fetta di casatiello nell’intervallo. Il riscaldamento degli arbitri, però, quello lo ricordo benissimo. Loro correvano da una curva all’altra, e le curve omaggiavano, rimpallandosi il coro, la mamma di Mazzoleni. Ossequi alla signora. L’unico coro che è riuscito in tutta la serata, oserei dire. Altra cosa surreale della partita.
Poi il surrealismo e la tragedia si sono concretizzati sotto i nostri occhi, minuto dopo minuto. Qualche secondo prima del fischio d’inizio, qualcuno chiede al compagno accanto perché tiene quella sigaretta spenta in bocca fino all’inizio della partita. Ecco, la scaramanzia è ormai rotta. Dopo sapremo che se ne sono rotte altre, ma sul web. Chiaramente il web, per noi che siamo allo stadio, è un perfetto sconosciuto. La linea, già dalle cinque, scompare per farci concentrare meglio sul pre-partita. In più, saluti e chiacchiere con persone di gruppi vicini, che di solito si fanno prima delle formazioni, non si sono fatti per niente. Insomma, troppi riti sono venuti meno. E non solo loro.
Le imprecazioni che ho sentito uscire dalla curva, l’80%, delle quali dalla mia bocca, sono irriportabili, ma una su tutte, l’invito ad Insigne ad andare a vendere zeppole e panzarotti a Frattamaggiore. Mi faranno sapere, poi, di averne già in abbondanza e non serve neanche a quello. La rabbia fa brutti scherzi. Per qualcuno Insigne ha ricordato, ieri, un mix tra De Zerbi e Pasino. E mi chiedo se non sia stato meglio per lui invitarlo a fare il panzarottaro nella terra natìa. Non solo lui nei nostri discorsi deliranti da popolo deluso e tradito. C’è stato un pensiero per ognuno di loro, compreso Gargano che ci ha messo ko Hamsik per la sfida di Dortmund. E la moglie, nonché sorella dello slovacco, si congratula su twitter per la vittoria. Sono sempre più convinta, che per alcune persone, l’utilizzo di strumenti di comunicazione di massa andrebbe interdetto.
Sta di fatto che il Napoli perde, qualcuno fischia per rabbia, ma poi subito applaude perché sembra brutto. A me i fischi non hanno mai fatto paura, nonostante non abbia mai partecipato, ma mi ha fatto paura il Napoli visto in campo contro il Parma. Mi ha fatto paura vedere Cassano rotolarsi per tutto il campo, verso la nostra area di rigore, senza nessun contrasto avversario. Mi ha fatto paura vedere Benitez non cambiare nulla fino a quando non si è palesata la necessità di mettere Hamsik. Mi ha fatto paura vedere sempre lo stesso gioco, su una fascia ormai sfasciata. Mi ha fatto paura la voce da indemoniata che mi è uscita a fine partita per gridare tutta la mia delusione. E la consapevolezza di non dormire la notte e di cominciare una settimana maledetta.
Siamo un popolo abituato a facili entusiasmi e improvvisi avvilimenti e abituato a vedere infrangere i nostri sogni, prima che questi diventino illusioni che fanno male. Siamo anche un popolo che si è sempre affidato storicamente allo straniero, ma allo stesso tempo ha saputo ribellarsi e predicare l’orgoglio dell’appartenenza a Partenope. E siamo un popolo abituato ad arrangiarsi con quel che ha, quando le cose vanno male. Ecco, è della prima e dell’ultima che sono obbligata a raccontarvi oggi, in merito alla partita di ieri. Dalla prossima spero di parlarvi della ribellione e dell’orgoglio.