«Chi vince festeggia, chi perde spiega». È una celebre frase di un allenatore di pallavolo, prestato al calcio per un po’. Uno che ha vinto tutto e che ci ha fatto vedere la più bella pallavolo maschile di tutti i tempi. E non solo perché vinceva. Uno che ha saputo avvicinare al volley ragazzi e ragazze di tutta Italia, compresa la sottoscritta, facendo vivere a questo sport, che, troppe volte, è chiamato ingiustamente minore, degli anni al di sopra delle aspettative di tutti gli addetti al settore. Dopo un passaggio alla Nazionale femminile, Velasco approda nel mondo del calcio e diventa direttore generale della Lazio di Cragnotti. Strana coincidenza. Quella era una Lazio destinata a fallire, per bancarotta fraudolenta del suo Presidente. Tutti conosciamo la vicenda biancoceleste e tutti ricordiamo come ci si è prodigati per evitare la non iscrizione al campionato di serie A da parte della Lazio: l’acquisizione da parte del gruppo bancario Capitalia, due aumenti di capitale, l’ingresso in scena di Lotito, un accordo ad hoc con l’Agenzia delle Entrate che prevedeva una rateizzazione in 23 anni del debito con il fisco contratto dalla società. In un Paese in cui cittadini comuni si uccidono per vergogna e per disperazione, perché non riescono a pagare i propri debiti, molto più esigui, con Equitalia. Ebbene. Io sto qui a dirvi che se la S.S. Lazio non fosse stata una squadra di calcio, bensì di pallavolo, lunedì non avrebbe giocato nessuna sfida di serie A. Non avrebbe perso solo un paio di campioni, ma li avrebbe persi tutti, lasciando anche molte famiglie, quelle dei propri atleti e staff, senza stipendio per mesi e senza casa, quella procurata dalla società a chi viene da fuori, stranieri compresi. Molti ragazzini della capitale non avrebbero avuto più la possibilità di sognare di giocare in una squadra di alto livello, se non quelli giallorossi. Forse. Insomma, il calcio in Italia è lo sport nazional-popolare per eccellenza, è verissimo, ma per tutti i giovani che vogliono avvicinarsi ai valori del gioco di squadra, della sana competizione, del prendersi cura di se stessi e del gruppo, il calcio non è l’unico sport ed è importante che alcune realtà abbiano il loro giusto palcoscenico.
La Ssd Pallavolo Atripalda è, anzi era, una squadra di pallavolo campana militante nel campionato di A2. Non da comparsa, ma assolutamente da protagonista. Vince la Coppa Italia e termina il campionato al quarto posto, accedendo ai play off per la promozione in A1, eliminata, poi, ai quarti. L’anno in corso comincia con l’acquisto di un grande straniero, Bencz, con la conferma di chi ha dato tutto in campo l’anno precedente, come il palleggiatore Mario Scappaticcio che ha vinto anche il premio personale di miglior giocatore nella competizione proprio della coppa. Insomma, ci sono le premesse per mettere su ancora una squadra competitiva. Le premesse tecniche, ma non i soldi. Qui tutto si fa molto nebuloso e confuso, con dichiarazioni e smentite, voci di corridoio e giornalisti impertinenti e caparbi di testate, chiaramente, locali. Come sempre, quando c’è di mezzo la motivazione economica. Il presidente Guerrera dichiara il fallimento della propria ditta di costruzioni, ma comunica ai propri atleti, che attendono ancora il primo stipendio dell’anno sportivo in corso e, qualcuno, anche gli ultimi dell’anno precedente, che i problemi derivano dal mancato incasso di ciò che lo sponsor, la Sidigas, avrebbe dovuto versare alla società. Una cifra intorno ai 150mila euro. La Sidigas, chiaramente, si svincola da tali dichiarazioni, proponendo, addirittura di acquisire la società per salvarla dalla bancarotta. Ciò non accade perché non si trova un accordo, alcuni giocatori rescindono il contratto per cercare sistemazione altrove, e ieri sera un comunicato ufficiale conferma le criticità economiche e la fine di una squadra di A2 di pallavolo. Come ne abbiamo viste tante: su tutte, ricorderete le realtà di A1 Com Cavi per i maschi e Centro Ester per le donne. Il tutto in una infinita tristezza e quasi rassegnazione del mondo del volley e in un’indifferenza generale di chi dovrebbe difendere i valori dello sport, tutto. Le istituzioni, il CONI, la FIPAV. Molti atleti restano senza stipendio, alcuni senza squadra, altri senza casa, altri ancora costretti a chiedere prestiti per mettersi un tetto sulla testa. E ancora una volta lo sport campano, anche quello d’eccellenza, deve ricominciare da zero.
Velasco diceva «Chi vince festeggia, chi perde spiega». E quando a perdere siamo tutti?
Articolo modificato 29 Nov 2013 - 20:07