Senza mezze misure. Attacco da sballo, difesa da sberle. Un’equazione che difficilmente può essere uguale a zero. Il calcio moderno, soprattutto ad alti livelli, sta screditando sempre di più il “segno X”. In Italia, negli ultimi anni, si conquista l’accesso in Champions con una media folle di 80 punti. Il punticino che fa “morale e classifica” oggi è ormai una parziale sconfitta e può solo lasciare l’amaro in bocca.
Il Napoli di Benitez è entrato pienamente in quest’ottica, probabilmente fin troppo. 19 incontri ufficiali tra campionato e Champions League, 13 vittorie e 5 sconfitte. Il numero uno appollaiato sulla casella dei pareggi, ormai rassegnato all’andazzo. Era il 25 settembre e a scolarsi il bicchiere mezzo pieno al San Paolo fu il Sassuolo di Di Francesco, matricola che si sta dimostrando osso duro per tutti. L’andamento in stile yo-yo degli azzurri è innegabile. Frutto di un sistema di gioco arrembante e spregiudicato, tradito però dalla coperta corta. Belli fuori ma senza essere poveri nell’animo. E’ una regola di vita che non va mai accantonata.
Ciak, si balla. Quando la palla entra nella nostra metà campo il ritmo è tambureggiante. Il ritmo delle nostre coronarie. Non è possibile assistere a certi orrori. Non è accettabile, come nel caso di tre sere fa all’Olimpico, chiudere le gare a doppia mandata e riuscire a farsi scassinare in pochi secondi, rischiando di pregiudicare quanto di buono era stato ottenuto. La difesa è evidentemente sul banco degli imputati, ormai sistematicamente perforata dalla gara interna con il Torino. L’assenza di Zuniga ha creato una voragine sull’asse mancino, con Armero in pauroso disagio. Albiol rovista invano nella rosa azzurra alla ricerca della sposa da condurre sull’altare della solidità. Nessuna anima gemella, purtroppo. Ma non si può crocifiggere solo il reparto arretrato. L’assetto a trazione anteriore della squadra concede praterie agli avversari, con il centrocampo in continuo affanno. Inler, tra l’altro, metronomo di questa squadra, è troppo spesso il primo a smarrire la bussola e l’uomo da marcare. Il solo Behrami costretto a tamponare tutte le falle, finendo esausto ad infilare la propria porta. Serve maggior raziocinio e soprattutto gli uomini giusti per comporre una tela così dipinta. Che gennaio giunga in fretta.
Si balla, dicevamo. E a ballare sono gli altri quando a suonare è il nostro quartetto d’archi. 25 le reti segnate sinora dai nostri uomini d’attacco sulle 28 totali, con i guai fisici che hanno interessato prima Higuain e poi Hamsik arrestandone l’impeto. Una mini-serie di tre gare (Juventus, Parma, Borussia) senza acuti è bastata ai detrattori per mettere tutto in discussione, definendo sterile la manovra di Benitez. In fondo, alla 14esima giornata della passata stagione, i gol all’attivo erano 23, ma solo 18 quelli siglati dagli attaccanti. E in quel Napoli c’era il tanto rimpianto Cavani. Il paragone ingeneroso e fuori luogo tra l’uruguaiano e Higuain ha sinceramente stancato. Il Matador, a questo punto dell’anno, aveva realizzato 8 marcature, appena una in più del Pipita. Con maggiori presenze e senza l'”intralcio” della Champions. Inoltre, coloro che sono accecati dalla Edi-mania non sanno che il rapporto tiri in porta-gol segnati è nettamente a favore dell’argentino. Imbeccato poco e male, ha saputo tuttavia scatenare l’arte del fuoriclasse, mostrando altresì un’invidiabile vena da assist-man. Inutile tentare di sminuire il suo acquisto. I numeri vi stroncano.
Si balla, dunque, nel bene e nel male. Ci si diverte, anche se con dosi di adrenalina piuttosto elevate. Il progetto va certamente rammendato in corso d’opera, ma la mentalità è vincente. Il provincialismo degli anni scorsi è salito al nord. Mazzarri ha portato via con sè le corbellerie sui “titolarissimi” e il terrore di affrontare il Trapani di turno. Don Rafè, nel frattempo, con le dovute obiezioni del caso, è andato a giocarsu un match decisivo a Dortmund a viso aperto e uscendone a testa alta (magari solo un po’ ammaccata). Ciò nonostante, dalla fredda Milano, il buon Walter spinge il Napoli tra le pretendenti al titolo dopo il mercato estivo. Dimenticando, sfortunatamente, che quando era ai piedi del Vesuvio rapportava la posizione in classifica al monte ingaggi. La sua Inter, a quanto pare, è terza in questa speciale classifica. Il Napoli soltanto quinto.
Un perdente non smentirà mai sè stesso. Non è nella sua indole. Insomma, nessun rimpianto. Il peggior pantano non sarà mai paragonabile alle sabbie mobili.
Ivan De Vita
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