Gonzalo Higuain a caccia del gol su azione anche al “San Paolo”

E ora, il San Paolo: affinché in quell’universo rischiarato, e dipinto d’azzurro, l’erba del vicino non resti il più verde. Benvenuti a Fuorigrotta, in quel macrocosmo da centocinquantamila spettatori in otto giorni, in quella dimensione onirica da attraversare a petto in fuori e con el pipita in testa: perché ormai il tempo sta scorrendo via velocemente, e anche in maniera preoccupante, e forse è giunta l’ora (e mezza) di Higuain. Dieci reti, tre doppiette, una cadenza incoraggiante che viaggia alla media di 0,80 gol a partita: ma l’ultimo acuto – su azione – dinnanzi alla propria gente, ha una data che si perde lontana nella memoria e che pretende di essere aggiornata. Infatti: accadde il 14 settembre, dunque circa tre mesi fa, e pare essere scivolata via un’esistenza, perché intanto ne sono successe parecchie ed altre ne accadranno ancora. E ad Higuain è venuta la voglia matta di abbattere quest’altro (piccolo) tabù.

PERO’. E’ chiaro, è un giochino statistico, ma ha un valore: Higuain, nel proprio stadio, non ha mai smesso di segnare come sa, come vuole ed in Champions l’ha fatto due volte su due e sempre su azione. La prima volta fu con il Borussia Dortmund; la seconda – e anche la terza – contro l’Olympique Marsiglia. Reti fatte tre, senza approfittare di situazioni di comodo, quelle che generalmente vengono ritenute le opportunità dal dischetto.

BOMBER CON LA VALIGIA. Poi c’è un Higuain che non ha paura di niente, men che meno di una trasferta: la sua prima volta, con la maglia del Napoli, avviene a Verona, e lì comincia un personalissimo viaggetto nell’euforia. Perché intanto el pipita sembra non fermarsi più: segna in quattro partite consecutive, ripetendosi con l’Atalanta in casa, con il Borussia e poi ancora a San Siro, nella notte del blitz in casa del Milan. Mostra di essere entrato nei meccanismi, ispira i compagni e da loro si lascia illuminare; poi si ferma, tutta colpa di un infortunio che ne impedisce l’esplosione, anzi ne favorisce l’implosione. E’ rabbia allo stato puro, scacciata via con un assist no look al «Velodrome» nel quale si intuisce che l’attaccante sta tornando, un po’ alla volta.

IL DISCHETTO. E per dimostrare che lui c’è, ma pure in campionato, quando contro il Torino, nell’insolita sfida delle 12,30, gli capitano due calci di rigore, l’argentino prende il pallone, va sul dischetto e calcia con potenza e con eleganza, fa la doppietta, rompe il digiuno interno, sistema un po’ i conti ed un po’ il morale e poi riparte alla ricerca delle soddisfazioni che diano un senso a quei quaranta milioni di euro investiti da De Laurentiis per avere un centravanti capace di non far rimpiangere Cavani.

RIECCOLO. Ma il periodo più grigio è stato lasciato alle spalle con quel Lazio-Napoli da copertina: non solo i due gol (e che gol), non soltanto la dimostrazione di una ritrovata efficienza fisica totale (soprattutto nel duello spalla a spalla con Ciani), ma anche un altruismo che non è comune per i centravanti d’area, in genere egoisti assai, perché attratti dal magnete che probabilmente è nella porta altrui. L’Higuain dell’Olimpico è di ferro, resiste al corpo a corpo, sfonda centralmente, colpisce di fino e di potenza, si carica addosso il Napoli e punta dritto all’Udinese: casa, dolce casa….Ma è dal 14 settembre che El pipita non riesce a segnare (su azione).

FONTE Corriere dello Sport

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