La Settimana Azzurra di Bruno Marra
Il miglior Napoli di sempre da quando esiste il campionato a tre punti. Questo dicono i primi 4 mesi di campionato azzurro. Mai dopo 17 partite iniziali il Napoli aveva conquistato 36 punti. Un record eguagliato l’anno scorso con 33 punti e migliorato in questa stagione con ben 3 punti in più.
Il 21 dicembre 2013, che evoca l’anniversario della leggenda dei Maya sulla fine del mondo, il Napoli riscrive la storia azzurra e stabilisce il suo nuovo primato di punteggio nell’Era moderna.
Dal Sant’Elia torniamo col petto in fuori ma anche un groppo in gola. Quello dell’urlo di Callejon che avrebbe alzato ancora di più lo standard da record. Un gol stupendo cancellato da una bandierina al vento. Il guardalinee spacca il centimetro e ancora oggi, nei secoli dei secoli, nessuna moviola chiarirà bene chi, cosa, dove, quando e perché. Le famose 5 W, le dabliù inglesi, che tradotte in italiano fanno il corredo del bravo cronista.
E’ il calcio, al quale va aggiunta la pazienza che è la virtù dei forti. E di forza qui ne abbiamo tanta. Così come la pazienza, abilmente raccontata da Giuseppe Marotta che la dipinse come il vero Oro di Napoli.
Oro che risplende anche all’ultimo assalto quando Mertens prende la mira sfiorando di un nulla il colpo grosso per portarsi via il tesoro dall’Isola. Unità di misura, tra centimetri e punti, che si legano a doppio filo e che cambiano di minuzie la forma, ma non spostano la pregnanza della sostanza.
Il Napoli del cambiamento, della “Rafa Revolution” con modulo nuovo, mentalità ambiziosa e uomini freschi di stagione, funziona. Un rinnovamento calcistico ma soprattutto culturale, che esorbita la logica del risultato per puntare ad una stabilità futura nella “Hall of Fame” del pallone internazionale.
E se è vero che per ogni rinnovamento c’è bisogno ragionevolmente di tempo, è anche vero che il tempo è stato galantuomo sin da subito per un allenatore ed una Società che hanno sposato un progetto che non guarda al dito ma alla Luna.
Una Champions da protagonisti, al San Paolo li abbiamo battuti tutti: il Borussia vicecampione, il Marsiglia al veleno e l’Arsenal corona della Premier. Con 12 punti nel girone, in una situazione normale, non solo ti prendi la qualificazione ma ti danno anche la tessera onoraria del Parlamento Europeo. Invece ci siamo imbattuti in un bizzarro rompicapo senza soluzione, come un cubo di Rubik con una combinazione su un milione. Ma l’Europa continua e l’emozione ha ancora la nostra voce.
Il ciclo di Benitez ha avuto inizio proprio nel transito del solstizio. Don Rafè è arrivato a Napoli nel primo giorno d’estate, come se il destino volesse svelare l’inizio di un nuovo ciclo solare. Si è presentato a “las cinco de la tarde” come l’incipit immortale dell’opera universale di Federico Garcia Lorca. Un avvento che ha avuto accenti di romanzo, per un hombre vertical che intreccia il calcio con filosofia e sapienza accademica. Il suo “sin prisa, sin pausa” è già scritto sui muri di Napoli, in una città che per la fretta ha bruciato anni di storia e che adesso ha abbracciato con tutta la sua passione un allenatore che conosce le strade del trionfo e le pulsioni del cuore.
Dal 21 giugno al 21 dicembre, da solstizio a solstizio, dall’estate all’inverno. Sono i mesi della Rivoluzione, quella un tecnico illuminato ed Illuminista che ha vinto attraversando l’Europa, con il sorriso rassicurante ma anche il piglio audace che piace alla gente che piace.
Con la solenne investitura di Aurelio De Laurentiis che gli ha consegnato le chiavi dell’orizzonte azzurro. Come un cordone ombelicale che unisce un destino epocale. Dagli Aragonesi ai Borbone, è ispanico il fregio della nostra memoria. Fino alla Rafa Revolution, quella dell’ultimo record e del nuovo vagito di gloria. Nel bagliore dell’anno che verrà, per un nuovo appuntamento con la Storia…
Fonte: www.sscnapoli.it