“La Befana vien di notte, con le scarpe tutte rotte…”
C’è mancato poco che la Befana arrivasse e non trovasse nessuno a ricevere i suoi dolcini. Letto vuoto troppo presto, praticamente all’alba, per essere un giorno di festa, e tutti al San Paolo in un traumatico anticipo delle 12:30. Ma siamo arrivati tutti al San Paolo con la sensazione che, dopo quindici giorni di astinenza e grandi abbuffate, avrebbero potuto mettere la partita anche alle tre di notte del 31 dicembre. Saremmo stati comunque tutti lì. E ritrovare tutta la famiglia della curva è stato un po’ come tornare a casa dopo un lungo viaggio, divertente, ma estenuante.
Qualcuno arriva dando gli auguri di buon 2014, qualcun altro portando cioccolatini, come per sopperire alle calze distrattamente sfiorate in mattinata, ma rigorosamente rimandate al pomeriggio. Qualcuno ancora arriva già connesso con il mondo con il suo telefonino, con un occhio in curva e uno sul mercato e una sola domanda: “Ma Nainggolan l’abbiamo preso?”. Salvo, poi, sapere, all’uscita dallo stadio, che l’indonesiano, quello che gioca, è vicino più che mai alla Roma. E che dio non gliela mandi buona.
All’ingresso, uno steward chiede al tizio davanti a me quanto ha pagato il biglietto. Il tizio risponde perplesso, pensando che ci fosse un trabocchetto strano. Una sorta di test d’ingresso. In realtà, si voleva capire il motivo di tutta quella affluenza. Insomma, la politica dei prezzi bassi premia ancora una volta le fidanzate, le mogli, le amanti, le cugine, le figlie, le nipoti, le nonne, le badanti, tutti tranne gli abbonati. Io non mi trattengo, dico la mia e polemizzo. Lo steward annuisce, mi dà ragione, non mi contraddice e non mi fa controllare neanche lo zaino. Avrà pensato che fossi appena scesa dalla scopa dopo una notte di lavoro e avrà avuto pietà di me. Ma sono agguerrita sulla questione, non voglio persone venute per vedere le cheerleaders o che fanno partire ancora cori contro una Juventus di alieni o che fischiano giocatori in maglia azzurra, se non dovesse andare bene. E voglio vincere.
Di tutte, si è avverata solo l’ultima. Per fortuna.
E abbiamo vinto davanti a tanti bambini, e questa è una bella notizia in risposta a quanti pensano che la curva non sia fatta per i più piccoli, e davanti ad un amico tornato dopo anni e anni in curva per una partita di campionato. Uno che bambino non lo è più, ma che aveva la stessa luce negli occhi quando ha esultato sul primo goal e ha cercato l’abbraccio di nuovi compagni.
Occasioni ne abbiamo avute fin dall’inizio, ma non l’abbiamo messa dentro al primo tempo. Nelle retrovie, invece, abbiamo sempre l’infarto pronto. L’assenza di Behrami si sente, anche quella di Yeyeyè che, evidentemente, non ha migliorato la fascia, ma ha migliorato solo la nostra capacita di sopportazione e d’ironizzare sulle proprie disgrazie. Tanto che, nonostante la partita fosse cominciata nel pessimismo cosmico di qualcuno che invita gentilmente Inler a “coglier’e lupin’!”, al tentativo di cross di Yeyeyè, uno dei nostri grida tranquillo: “Chist’ sape crossa’, chist’ sape crossa’!”. Infatti. La palla sbatte contro il difensore blucerchiato e una risata generale prende il posto delle altrimenti scontate bestemmie di delusione. Il secondo tempo vede molte cose buone. Un Mertens che conferma la sua titolarità in campo, senza alcun dubbio, e non solo con i due goal. Un Rafael che gioca con i piedi e dribbla come un vero portiere brasiliano. Higuain conferma i suoi 40 milioni di euro con assist, colpi di tacco, cross, interdizioni, inserimenti, proteste con l’arbitro come se fosse lui il capitano ( a proposito, il capitano c’era in campo oggi?!), saluti alle curve, incitamenti, preparazione della zuppa di latte a Insigne e pulizia dello spogliatoio. Sull’ultima ci sono solo congetture, il resto è tutto vero.
La prima dell’anno la archiviamo con tre punti e con la prima doppietta del belga. Non male. Torniamo a casa organizzando già la trasferta di Verona e salutando un’amica del gruppo che tra qualche giorno parte per l’Inghilterra, dandole appuntamento alla trasferta contro lo Swansea. Insomma, non abbiamo finito di vedere una partita, che già pensiamo alle altre che vedremo. Questa è la voglia che ci contraddistingue, questa è la passione che vogliamo trasmettere. L’astinenza è finita, ma adesso dobbiamo recuperare. E torniamo a casa con un solo pensiero: “Mai più senza”.
Articolo modificato 6 Gen 2014 - 21:16