Mister Garbutt, le “donnine” del varietà e i calciatori azzurri “farfalloni”

Tra le tante belle novelle che i nonnini napoletani hanno potuto raccontare a nipoti e rispettivi amichetti di primo pelo ci sono sicuramente le simpatiche disavventure che i “giuocatori” dell’epoca che si aggira intorno agli anni ’30 hanno vissuto sulla propria pelle nell’avere a che fare con il mister per antonomasia, William Garbutt, indimenticabile allenatore albionico, storico pioniere del calcio inglese, esportatore di un progetto di calcio che ha soggiogato l’epopea sportiva di quei tempi, radicando anche nella nostra penisola concetti sconosciuti che portarono successi dapprima attraverso gli scudetti genoani, poi con i risanamenti ambientali di Roma e Napoli, con una breve parentesi anche nel Milan. Insomma, un innovatore, ma anche un severo e serioso tecnico, esigente soprattutto per quanto riguarda la disciplina in campo e fuori, dove era solito salvaguardare anzitutto l’educazione e il rispetto reciproco, dopodiché, attraverso una ferrea condotta, aveva voce in capitolo frequente anche nella vita extracalcistica dei suoi ragazzi.

Dai racconti dell’epoca si evince che allo stadio Ascarelli erano adibiti tre spogliatoi per l’entourage azzurro, il primo per i titolari e le immediate riserve, il secondo locale era destinato alla quadra B a cui veniva aggiunto qualche ragazzotto più giovane dalle belle speranze, il terzo ed ultimo stanzone altro non era che un rifugio per i ragazzini, giovanissimi in erba facenti parte della “cantera” dell’epoca. Si racconta che esigeva che i più giovani dessero del “lei” o del “voi” ai titolari, guai a non sentir dire da un fanciullo “Signor Vojak” o “Signor Sallustro“, la pena era una bella ramanzina sull’educazione ed il rispetto da non scordare mai quando si metteva piede in società. Chi voleva entrare nella “prima stanza”, quella sacra, doveva avere motivazioni valide e, anzitutto, avrebbe dovuto bussare ed attendere il suo consenso, senza dimenticare che le faccende personali andavano discusse direttamente in sede, dove era allestito il suo ufficio, sulla falsa riga degli allenatori di basket universitario americano degli anni ’60, da cui i yankees hanno saccheggiato l’idea.

Al campo si viene soltanto per l’allenamento. Le cose private le sbrighiamo fuori di qui…” diceva Garbutt, senza rinunciare al suo proverbiale atteggiamento pacato ma deciso, arma vincente per trasmettere agli altri una sicurezza che induceva ad acconsentire alle sue richieste, a prendere parte al suo progetto di crescita attraverso regole rigide ma indispensabili.  Il mister  aveva 46 anni  quando arrivò a Napoli. Dai 16 ai 29 anni aveva giocato  da attaccante prima con i Blackburn Rovers e poi per nove anni nell’Arsenal di Londra, finché non gli ruppero un ginocchio. Fu ottimo attaccante (ala destra della Nazionale inglese) e valido artigliere albionico sul fronte francese durante la prima Guerra Mondiale (4 anni di guerra, 3 medaglie al valor militare e una ferita al ginocchio destro).

25955_25955La sua pazienza fu messa a dura prova il giorno prima della gara contro la Juventus, durante il campionato ’32-33, quando, nella trasferta di Torino, all’Hotel Sitea, squadra e staff sciorinarono gli occhi quando s’accorsero che nello stesso albergo alloggiavano le ballerine della rivista del comico Erminio Macario, bellissime e formose ragazze, provocanti nel “deshabillé” e negli atteggiamenti fin troppo disinibiti, che fecero impazzire buona parte dei calciatori azzurri che, malgrado l’importanza della gara del giorno dopo, caddero nel tranello di provare a “tentar fortuna” nel approfondire quella inaspettata coincidenza, andando alla ricerca delle ragazze nelle stanze residue dell’hotel. Ma Sir Garbutt, in combutta col massaggiatore, il suo instancabile fido Michelangelo Beato, si mise di sentinella nei corridoi delle stanze, pronti a pizzicare più di un giovanotto con la coda tra le gambe e una rosa tra le mani, proiettati senza mezze misure a dare vita ai propri cattivi pensieri.

Volò qualche strillo e tanti furono ricacciati nelle loro stanze, complici ingrati della nottata in bianco del mister e del suo braccio destro. Lo sforzo non valse l’impresa, oltre al sonno, gli azzurri persero anche la gara, tre a zero netto contro i bianconeri e tutti a casa, ad aspettarli c’era un inviperito Garbutt, pronto a strigliare ad uno ad uno tutta l’allegra brigata. Chissà oggi come si sarebbe gestita una situazione del genere…

 

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