Troppi soldi. No, troppo vecchio. Siete pazzi? A gennaio non si muoverà mai. Calma, l’ho visto uscire zoppicante dalla partitella in famiglia. Pare abbia parenti a Napoli. Ok, c’è stata l’offerta. Accidenti, ha firmato il rinnovo.
Gonalons, Jucilei, Parolo, Agger, Jorginho. E poi N’Koulou, Criscito, Banega, Vaermaelen, Fernando. Il turbinio di nomi accostati al Napoli nella prima settimana di gennaio è certamente imbarazzante. La fame degli operatori di mercato è atavica. Urge trovarsi in prima fila quando sfilerà il colpo annunciato dal presidente De Laurentiis. Anche per questo le ultime ciambelle senza buco lasciano un retrogusto piuttosto amaro. Con Nainggolan a Gonalons, con questi cognomi in stile manga, sono stati scritti romanzi da quattro lire, facendo leva su rifiuti apparentemente immotivati che infervorano i tifosi.
E’ diventata una fastidiosa routine quel “sono davvero lusingato dell’interesse del Napoli”. Poi, chi per una ragione chi per un’altra, all’ombra del Vesuvio non metteranno mai piede. Chiedersi se a cingerci è solo un alone di sfiga è quanto meno doveroso. Ingaggi troppo elevati, richieste al rialzo da parte dei club di provenienza, la difficoltà a strappare calciatori a campionato in corso, i soliti ed immancabili ostacoli rappresentati dai diritti d’immagine. Tutte componenti che stanno frenando il mercato di riparazione dei partenopei. Ancor più di quel famoso appeal che la maglia azzurra fatica a destare, nonostante l’apporto internazionalizzante di Benitez e l’ottimo cammino europeo.
C’è però, in tutto ciò, un peccato originale. Non aver completato la rosa durante la sessione estiva, quando si viaggiava col vento in poppa dell’entusiasmo e le lacune sembravano già lapalissiane. Ma non è stata la mancanza di un ulteriore sforzo economico. Come non lo è altrettanto in questa finestra di gennaio, se si pensa che per Gonalons erano già stati imbustati 17 mln di euro (15 più due di bonus). Il punto è pescare i rinforzi adatti alla struttura beniteziana. Nel caso gli oggetti del desiderio non si riescano ad afferrare, la fenomenologia del ripiego non rientra negli studi di Don Rafè. Meglio la gallina domani che un uovo oggi, magari maleodorante.
Il rischio, non proprio trascurabile, è di non essere competitivi nell’immediato. La Juve è una spanna più in alto e la Roma continua a puntellare un organico già decisamente valido. Mezza pena, se si pensa che è solo il primo anno alla corte di Rafa. Va bene la fibrillazione di una piazza bramosa di successi, ma bendarsi davanti all’eloquenza è sintomo di un amore oppressivo e di un pizzico di disfattismo.
Sangue freddo e nessuna fretta. Valorizzare i propri uomini è il primo motto. Da Radosevic a Reveillere, passando per Zapata e Bruno Uvini (sulla lista dei partenti). Pedine ai margini di un progetto così ambizioso, ma è indispensabile fare di necessità virtù. Ed è proprio nell’ottica di tamponare il rifiuto che portare in grembo un “rifiutato” è una contraddizione in termini. Quel Paolo Cannavaro adocchiato a bordo campo domenica scorsa, agghindato come un qualsiasi concorrente da reality show, faceva un po’ tenerezza. La “nomination” è chiara da tempo, ma il suo limbo continua ad apparire un paradosso. Inutile rivangare futili discorsi sull’attaccamento alla maglia e il cuore da capitano, quando nel calcio odierno nessuno concede reverenze. Conosciamo i suoi limiti soprattutto nella difesa a quattro e ne prendiamo atto, sta di fatto che al fianco di Albiol non mi sembra siano stati schierati giganti della marcatura. Insomma è stata l’unica bocciatura definitiva, prematura e irreversibile, a prescindere da quanto potesse rappresentare nello spogliatoio. Forse troppe chiacchiere intorno a lui hanno infastidito società e tecnico, accelerando il processo di accantonamento già in atto. La sua sofferenza però fa male. E allo stato attuale, trattenerlo fino a giugno sarebbe un ulteriore ed immeritato schiaffo morale.
Ivan De Vita
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Articolo modificato 9 Gen 2014 - 21:04