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Ci sono calciatori che non hanno avuto favori dal destino, quegli elementi che in altri contesti storici avrebbero forse ricevuto di più di quello che in realtà hanno raccolto. Uno degli uomini meno apprezzati ma con doti tecniche di livello era sicuramente Claudio Pellegrini, una punta veloce, scattante negli spazi, ottimo palleggio e fiuto del gol innato. Romano di Primavalle, prima attaccante esterno, poi centravanti puro, si segnala inizialmente nelle fila dell’Udinese, dove realizza 18 gol e contribuisce fattivamente alla promozione della squadra friulana. L’allora ds partenopeo Giorgio Vitali non si fa scappare l’occasione di prenderlo quando ancora le acque sono calme, pagandolo il giusto e mettendo in squadra un elemento giovane e di prospettiva, in un progetto esigente che parte dalla stagione ’78-79 dove la giovane punta comincia a mettersi in luce durante le gare di coppa Italia, dove brilla il suo talento, soprattutto la sua freschezza atletica ed il vigore da opportunista che gli consente di segnare tre reti.

Gianni Di Marzio, allora tecnico azzurro, lo tiene in considerazione ma non può ancora mettergli nelle mani le chiavi dell’attacco partenopeo, nonostante le 5 reti in 24 gare, fu così che d’accordo con la società il buon Claudio va a farsi le ossa nella vicina Avellino del Commendator Sibilia, in una stagione senza infamia e senza lode che lo riporta al mittente con qualche consapevolezza in più e la necessità di non farsi scappare l’occasione di una piazza esigente come Napoli. Sotto l’ala protettiva di Antonio Juliano, Pellegrini diventa “l’attaccante partenopeo”, nella stagione ’80-81, dove lo scudetto sembrava cosa fatta se non fosse stato per lo scivolone contro il Perugia, in un’annata in cui anche il terremoto fece la sua parte. Terzo posto e undici reti, non male il bottino personale sotto la guida di Rino Marchesi, ma soprattutto il bagaglio d’esperienza lo rende ancor più sicuro di sé, aiutandolo così nel processo di crescita che lo porta alle soglie della nazionale.  Nell’anno seguente si conferma ancora miglior marcatore azzurro con lo stesso numero di gol, anche se gli azzurri, meno brillanti, concedono soltanto un quarto posto e l’eliminazione dalla coppa Uefa al primo turno, ciononostante Pellegrini resta un punto fermo dell’attacco azzurro, attorno al quale costruire la squadra del futuro. Ma la stagione ’82-83 mette a dura prova la stabilità degli azzurri e dello stesso Pellegrini , la squadra rischia seriamente di retrocedere e soltanto l’arrivo di Pesaola in panchina al posto del giovane Giacomini scongiura questo infausto evento, ad affiancare Claudio in attacco arriva il promettente attaccante argentino Ramon Diaz, un bluff che mette la squadra a repentaglio per la consequenziale perdita di identità.

A fine stagione solo 5 reti sono la testimonianza di un feeling in calo con la porta e la crescita di una imprecisione dovuta alla fretta di concludere a rete, che resterà per sempre il vero e proprio tallone d’Achille del calciatore. La successiva stagione si svolgerà sulla falsa riga della precedente, con un rendimento ancor più deludente per Pellegrini, scivolato in secondo piano in favore del giovane De Rosa e dell’esperto Palanca, che si rivelerà anche lui una delusione. Uno solo gol chiuderà l’esperienza azzurra del centravanti romano, girato alla Fiorentina nell’affare Bertoni. Rimane il ricordo di un buon attaccante, che è riuscito a dare alla squadra quei gol necessari per sfiorare l’impresa nei primi anni ottanta, pagando dazio nella seconda parte della carriera, dove con un po’ di fortuna e l’organico giusto alle spalle, avrebbe forse messo a segno qualche gol in più e regalato alla tifoseria partenopea ulteriori gioie.

Di seguito un video con l’annata azzurra del campionato 1980-’81, con tutti i gol messi a segno, tra cui gli undici di Pellegrini:

Articolo modificato 10 Gen 2014 - 00:40

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Scritto da
redazione