Dopo gli anni ruggenti degli scudetti, un ingrato periodo di austerity colpisce in pieno la società partenopea che si vede costretta a cedere i prezzi pregiati del mercato. Con un giovane Marcello Lippi a guidare la squadra, e con Ottavio Bianchi general manager, Crippa, Careca, Zola, Galli, Carbone e Massimo Mauro partono per fare cassa e scongiurare la messa in mora della società, che con un debilitato Ferlaino, attraverso la poca disponibilità del socio in affari Ellenio Gallo, vedrà avvicinarsi in maniera pericolosa i fantasmi del fallimento. Se non altro i soldi ricavati dalle vendite regalano qualche anno di tranquillità almeno sotto l’aspetto dell’iscrizione al campionato, la campagna acquisti si segnala all’insegna del risparmio e l’imperativo è fare di necessità virtù e sfruttare il vivaio, che con Pecchia e Fabio Cannavaro promette bene.
Tra i tanti giovani a cui il Napoli si affidò ci fu un “intruso” voluto fortemente da Lippi, che lo aveva avuto ai suoi ordini a Bergamo nella stagione della sua esplosione, fu così che Roberto Bordin approdò al Napoli, nel ’93, dopo aver militato per quattro stagioni nell’Atalanta, dove si è affermato come un dinamico e polifunzionale centrocampista difensivo, con il senso della posizione e intelligenza tattica tale da risultare preziosissimo nello scacchiere del buon Marcello. A 28 anni arriva in azzurro con la speranza di conquistare finalmente qualche vittoria che coronerebbe una carriera ricca di soddisfazioni ma povera di trofei.
Con Lippi è sempre in campo, ma anche negli anni successivi, con i tecnici Boskov e Guerini, Roberto dimostra di non essere semplicemente “il preferito” di un allenatore, ma gli si riconosce il proprio valore a tutto spiano grazie anche ad una indomabile grinta che spesso lo ha visto ruggire contro gli avversari e rincorrerli per il campo fino a quando non riusciva a staccargli letteralmente la palla dai piedi. Bravo anche in costruzione, meno per ciò che riguarda la precisione nei piedi, ma le sue caratteristiche principali erano altre. Il quarto anno, quello più disgraziato, segnerà per sempre la carriera e la vita di Bordin, che durante i primi giorni del ritiro con gli azzurri agli ordini del nuovo tecnico Simoni scopre di avere un tumore alla tiroide che lo tiene in apprensione per diversi mesi, durante i quali combatterà la malattia e la sconfiggerà brillantemente, pena un periodo piuttosto lungo di assenza dai campi. Una volta appese le scarpette al chiodo, è divenuto allenatore, in particolare collabora da alcuni anni come secondi di Mandorlini, prima al Cluj in Romania e attualmente al Verona che il Napoli ha incontrato e battuto domenica scorsa.
E’ stato più volte capitano del Napoli, a testimonianza del suo attaccamento alla causa azzurra e della sua integrazione completa nell’ambiente partenopeo. Resta il ricordo di un giocatore utile, capace di fare la fase difensiva e giostrare a centrocampo con estrema facilità, mettendo più volte in mostra la duttilità e l’intercambiabilità che era in grado di interpretare, un calciatore di un’altra epoca, con un sano e professionale spirito di adattabilità. Oggi molte squadre farebbero a gara per scoprire un calciatore con queste caratteristiche, che racchiudono anche capacità umane ed una umiltà che lo ha definitivamente consacrato nello speciale albo d’oro degli “aficionados” calciatori azzurri.
Articolo modificato 15 Gen 2014 - 00:43