Un indizio è semplicemente un segnale: però in quel colloquio prolungato, mentre il Napoli è ormai sotto la doccia, forse c’è l’investitura ed il cenno d’un cambiamento (quasi) radicale. Palla al centro, c’è Napoli-Atalanta: però prima c’è stato il Verona, poi ci sarà la trasferta di Bologna e a seguire, rapidamente, un frullatore nel quale infilare la testa e pure le gambe, traslocando alla domenica e al giovedì e poi al lunedì, giocandosi il campionato, l’Europa League e (se mai) pure la coppa Italia. Il calcio del Terzo Millennio va di corsa, spinge un giorno in campo e l’altro pure e la rifinitura che può aiutare a capire, suggerisce la rivoluzione.
LA LINEA AZZURRA. Dunque: si scalda Zapata, s’industria anche Radosevic, si scuote Castel Volturno in lungo e in largo, aspettando le convocazioni annunciate per stamani: però nell’aria c’è una mezza rivoluzione, annunciata dal calendario che diviene una sorta di pressa. E allora, ascoltando il campo, ciò che filtra dai «fratini» e dalle «casacchine» è un restyling bello e buono, attivato attraverso il calcolo dei minutaggi, lasciando Rafael tra i pali, infilando di nuovo Britos nel bel mezzo della difesa (e stavolta con Fernandez al fianco), lasciano rifiatare Maggio a destra e concedendo la corsia a Reveillere e infine tenendo sempre Armero a sinistra.
HELLO, BABY. Ma chi s’è speso, e tanto, sono stati i due mediani, destinati a concedersi ancora, sino all’arrivo d’un aiutino: inevitabile, quindi, che uno tra Dzemaili e Inler resti in panchina (il primo più del secondo) e che Radosevic utilizzi per sé questa sfida all’Atalanta, mostrandosi nel suo ruolo naturale, tentando di legittimare quell’investimento da 2,3 milioni di euro, sostenendo con una prestazione le tesi assai incoraggianti sul suo talento.
CHE «FOLLA». Di dubbi si vive e, tra le linee, ci si può crogiolare o anche smarrirsi, trascinandosi appresso una serie di interrogativi. Hamsik è prontissimo, ha la voglia matta di chi ne ha saltate troppe e soltanto un ulteriore eccesso di cautela potrebbe indurre Benitez a spedirlo in campo a gara iniziata: la prima maglia è andata; restano quelle sugli esterni: a destra, Callejon pare in vantaggio – e poi nel corso del mach si può sempre procedere con la staffetta, in maniera tale da non spremere più di tanto né chi parte e né chi subentra – mentre il padrone indiscutibile della corsia mancina, allo stato attuale, va considerato Insigne, che a Verona ha potuto spremersi per appena una mezz’ora, che ha un morale da utilizzare appieno e che ha la tendenza (è stato dimostrato in Champions) di esaltarsi nelle infrasettimanali.
IL PANTERONE. Ma non si scherza neppure là davanti, in quella zona solitamente d’esclusiva competenza di Higuain, che però con l’Atalanta può essere dirottata ad (almeno) altri due interpreti del ruolo: Duvan Zapata non chiede altro che buttarsi nel mischione dall’inizio (unica volta accaduta: a Genova, il 28 settembre), di andare a fare a sportellate con l’umanità, di sottolineare – come fatto a Marsiglia con un eurogol, come sussurrato quando è stato interpellato – d’aver cominciato a capire sul serio il calcio italiano e i movimenti richiesti da Benitez. Insomma, d’offrirsi al san Paolo, affinché s’intuisca che non è solo fisico. E’ un’ipotesi e neppure così remota, anche se a Pandev far la prima punta non dispiace affatto e stavolta ce ne sarebbe l’occasione: chissà nel confronto con il cuscino, quali indicazioni abbia ricevuto Benitez.
FONTE Corriere dello Sport
Articolo modificato 15 Gen 2014 - 12:06