A leggerla così, tutto d’un fiato, da Courtois a Lukaku, passando per Kompany, Vermaelen, Witsel e Hazard, c’è da non crederci: dodici anni dopo l’ultima presenza al Mondiale di Corea e Giappone, il Belgio si avvicina a Brasile 2014 con una squadra di talenti assoluti che sta infiammando il Paese. Li guida un uomo, Marc Wilmots, che in quel 2002 era il capitano dei Diavoli Rossi. Dries Mertens, il gioiello del Napoli, e Radja Nainggolan, il guerriero della Roma, sono sul suo taccuino, Wilmots li tiene d’occhio, li sta seguendo da vicino, fra meno di un mese il ct sarà in Italia di persona ad osservare l’ex cagliaritano. Sa di avere in mano un gruppo potenzialmente esplosivo e alle spalle una nazione che sogna, dopo anni di umiliazioni. Non può sbagliare, non vuole sbagliare.
Mister Wilmots, sta seguendo il campionato italiano?
«Certo. Ho qui davanti il report di un mio uomo che ho incaricato di tenermi informato. So tutto, vedo tutto».
Non le è sfuggito dunque che Mertens è in ascesa verticale, che Nainggolan nella Roma ha giocato subito due gare su due.
«Non mi sfugge, no…».
Mertens sta incantando: è sorpreso?
«Dries può essere stato una scoperta per l’Italia, non certo per me. So bene ciò che può dare. Mertens ha qualità, velocità, dribbling, idee. Inoltre ha effettuato una preparazione differente, quest’anno, rispetto a ciò che aveva fatto in Olanda a Rotterdam. Può solo crescere».
In quale ruolo lo vede meglio?
«Può giocare in una posizione dietro l’attaccante, oppure può giocare a sinistra in un 4-3-3».
E nel Belgio?
«Ho un modulo che funziona, e bene, e non lo cambio, ed è il 4-3-3. Poi se in una partita mi si fanno male in due o tre, allora posso adattarmi. Ma la base è questa».
E Mertens è nei tre d’attacco?
«Fa parte di un gruppo. Io non ho titolari fissi».
Rudi Garcia, tecnico della Roma, ha detto che Nainggolan sembra che abbia giocato sempre con loro.
«Il suo passaggio dal Cagliari alla Roma è sicuramente un momento importante. Sono curioso di vedere quali saranno le sue prestazioni e in quale ruolo giocherà».
Si può considerare in corsa per il Brasile?
«E’ tra quelli che sto seguendo e che continuerò a seguire. Nel suo ruolo, devo premettere, c’è una concorrenza molto forte. Ho almeno tre mediani e solo un posto da rubapalloni in squadra. Per questo sono curioso di vedere dove giocherà. Perché Radja è un ottimo recuperateur , ma ha anche tecnica, ogni tanto si sgancia e segna persino».
Ha un carattere forte: arriva da una lunga salita, sia personale, sia professionale.
«E’ vero, la sua forza è nella mente. Ha una grande voglia di riuscire, di arrivare. Ha superato ostacoli importanti. Era tempo per lui di arrivare a misurarsi con una realtà al top del campionato italiano come è la Roma, di lottare per lo scudetto. Ripeto: sono curioso anche io».
Verrà in Italia a vederlo?
«Sì, ho già fissato».
Quando, si può sapere?
«Certo. Mi risulta che il 9 febbraio a Roma ci sia una partita importante… Sì, verrò per vedere Nainggolan».
Ma il suo gruppo è ancora aperto?
«Sono commissario tecnico da due anni e ho chiamato circa 45 giocatori. Non di più. Ora ho un elenco di 26-27 elementi, anche se nella mia testa esiste già una base più o meno fissa di venti giocatori. Ma non ho chiuso la lista».
Le vostre tappe di avvicinamento?
«Ai primi di marzo avremo una amichevole contro la Costa d’Avorio. Poi tireremo le somme. Infortuni permettendo».
Quando sapremo quale Belgio volerà in Brasile?
«L’11 maggio dovrò consegnare una lista di 30, che poi entro l’11 giugno ridurrò a 23. ma conto di poterlo fare molto prima».
E poi il Mondiale che al Belgio manca dal 2002. La sua squadra viene indicata come una possibile sorpresa.
«Noi rimaniamo con i piedi per terra. Gli obiettivi non bisogna dichiararli, ma centrarli».
E quali sono i suoi obiettivi?
«Sicuramente il primo è di superare la fase a gironi. Dopo può succedere tutto».
In Belgio come si vive questa attesa?
«I tifosi sono rimasti scottati da tante stagioni negative. C’è consapevolezza ma non esaltazione».
A leggere la sua formazione, c’è da restare incantati. Come nasce questa squadra di gioielli?
«C’è stato un insieme di fattori. Una generazione evidentemente propizia, la possibilità per quasi tutti di andare a giocare all’estero in contesti di primo livello, da qui la nascita di un gruppo in cui c’è molto rispetto reciproco. Da noi conta il collettivo prima del singolo. Fino a pochi anni fa, i giocatori belgi preferivano rimanere a giocare in patria».
Quindi è bastato andar fuori?
«Eh no, bisogna andare e poi imporsi, e non è facile».
E’ una squadra che può aprire un ciclo?
«Le basi ci sono. Ho un gruppo che ha un’età media di 24 anni. Può crescere e durare. E intorno ho creato uno staff di 45 persone che lavora con un solo obiettivo: far crescere questa squadra».
A parte il Belgio, quali possono essere le sorprese in Brasile?
«Mi piacciono il Cile e la Colombia».
Come giudica l’Italia?
«E’ sempre lì. Una squadra esperta, ben costruita, con un gioco chiaro. Al top in Europa, sicuramente tra le primissime al mondo».
C’è qualche allenatore da noi che la ispira in modo particolare?
«Non ho modelli. Però in Italia mi piace Conte. Nella Juve ha adottato scelte precise e nette: difesa a tre, due laterali che spingono come Lichtsteiner e Asamoah, un campione come Pirlo al centro del gioco, a salire gli altri. Idee chiare, soprattutto. E poi lo spirito della squadra: compatta, solida, decisa. Ha l’anima del suo allenatore».
Ma vi conoscete?
«No. O meglio, sì. Diciamo che da giocatore ho affrontato, tra Nazionale e Coppa, tantissimi calciatori. E Conte lo ricordo in campo. E se lo ricordo a distanza di anni, vuole dire che era un ottimo giocatore. Lo ritrovo in panchina e la sua Juve lo rispecchia. I risultati, poi, sono evidenti».
Mister Wilmots verrà un giorno ad allenare da noi?
«Una cosa per volta, non si sa mai. Intanto devo riportare il Belgio al suo posto…».
FONTE Corriere dello Sport