Se De Laurentiis si sente Charles Dickens, qualcuno lo informi che di “Grandi speranze” ne è stato scritto uno solo, e che tutte le sceneggiature di molti dei suoi film inguardabili non ne pareggiano nemmeno una virgola. Così come il patron azzurro è stato bravo a costruire una squadra con grandi potenzialità, in un crescendo ricco di incoraggianti prospettive, allo stesso tempo l’Aurelio in versione “Rinaldo in campo” potrebbe pure piantarla di costringere il Napoli a puntare sui giocatori di illusorie aspettative, di “grandi speranze”, appunto. Occorrono calciatori collaudati, giocatori di provata affidabilità tecnica e atletica. E basta con questa storia della teoria delle attese. “Dobbiamo aspettare, quel calciatore è bravo, ma deve crescere. Dobbiamo avere pazienza. Poco a poco si vedranno i risultati. Chi? Quello? Quello è bravo, è un campione, ma ha bisogno di tempo e di imparare gli schemi”.
Basta col prontuario della tiepidezza, della cautela fine a se stessa. Un calciatore se è bravo si vede subito. Non mi pare che per capire se Mertens fosse un talento siano state necessari mesi di attesa. Poche partite sono bastate a capire di che qualità sia il belga proveniente dal PSV. Ricordo la prima volta che vidi giocare Hamsik. Napoli-Brescia 3-1, in B. Marek giocava nel Brescia, e in quella partita segnò. Un giovanissimo che colpì molti osservatori per le sue qualità. L’anno dopo il Napoli promosso in A lo comprò e in due partite lo impose come una delle grandi promesse del calcio internazionale. Nessuno dovette aspettare i secoli per approvarne il valore. Lo stesso è stato per Lavezzi, a suo tempo, come in questa stagione è stato per Callejon, a dispetto, nel caso dello spagnolo, di superflui sospetti, visto che Josè Maria proveniva da una squadra che si chiama Real Madrid.
Basta con le speranze perdute nei Vargas e nei Radosevic. Basta con gli esperimenti tattici su Dzemaili e Inler. Basta con l’auspicio che Fernandez diventi un buon difensore, che Britos sia meglio di quello che sembra, e basta con gi acquisti di sudamericani promettenti. Da dove viene questa pista che ogni tanto porta a Napoli calciatori sudamericani che si rivelano autentici bidoni. Che venga presto chiusa. O bisogna sospettare che sia il percorso privilegiato per certi affari e per certi procuratori? Uvini, Fideleff, Chavez, sono stati acquistati per riempire gli almanacchi e le rubriche degli sfottò.
Per non parlare di giocatori che si sono rivelati delle autentiche negazioni del calcio. Donadel, Santana e chi più ne ha più ne metta, hanno soltanto aumentato le spese, e hanno messo in difficoltà le operazioni in uscita. In attacco, al cospetto di Higuain e Cavani, sono stati ingaggiati calciatori come Mascara e Lucarelli (il Lucarelli in pensione, non quello della nazionale), Calaiò e Zapata, per non parlare del “capolavoro” Hoffer.
Da anni a Napoli i tifosi sognano un centrocampista che non sia soltanto la verve di Hamsik e la grinta di Behrami. Nessun elemento di qualità e di affidabilità, oltre ai due azzurri appena citati, in attesa di Jorginho, ovviamente. Da anni il sogno proibito è un terzino sinistro, ma sinistro naturale. Da anni i tifosi aspettano due centrali difensivi di grande livello. È arrivato solo Albiol, e adesso chissà quando arriverà uno bravo come lui. A Napoli sembra che alcuni ruoli siano diventati un tabù. O dobbiamo ipotizzare che siano i cardini dei contrappesi di un Napoli che non deve spiccare il volo?
È vero che una grande squadra si costruisce nel tempo, ma è anche vero che a grandi proclami bisogna dare un seguito degno. Il Napoli non riesce a chiudere affari nemmeno di calciatori che nelle loro squadre ci stanno da indesiderati. Non si può giocare con terzini scadenti, pretendendo che quei terzini supportino elementi del calibro di Callejon e Mertens, o dello stesso Insigne. Mancano le simmetrie. Mancano i fondamenti delle logiche essenziali. Questo è un Napoli “arlecchino”, fatto di grandi elementi e allo stesso tempo di calciatori che a stento potrebbero militare in squadre da bassa serie A. Il confine tra chi vuole costruire una squadra che resti a ridosso della vittoria, ma senza raggiungerla, e la presa in giro, è molto sottile. Per quanto inutile, farebbe bene ricordare che Napoli è la città del “ ‘cca nisciuno è fesso”.
Sebastiano Di Paolo, alias Elio Goka
Articolo modificato 28 Gen 2014 - 16:40