Era il mago dei calci da fermo. Ma anche un regista difensivo con i fiocchi. Andrè Cruz ha collezionato circa quattrocento presenze in quattordici anni di carriera, realizzando ben cinquanta gol molti dei quali su palla inattiva. Ha iniziato a giocare nel Ponte Preta, poi si è messo in luce nel Flamengo, quindi è approdato allo Standard Liegi dove è rimasto per quattro campionati. E fu lì che andò a scovarlo il Napoli di Guerini e poi di Boskov nel 1994. In tre stagioni, Cruz giocò 83 partite segnando 13 gol. Poi, lasciò per un problema di ingaggio andando al Milan di Capello dove fu costretto ad operarsi alla schiena mettendo insieme solo 13 presenze. Dopo una breve parentesi allo Standard rientrò in Italia, al Torino, quindi in Portogallo allo Sporting Lisbona (due scudetti) ed infine in Brasile al Gojas, all’International e di nuovo al Goias dove smise nel 2004. Si è distinto per aver indossato tutte le maglie della nazionale verdeoro: dall’Under 16 fino a quella maggiore (31 presenze). Attualmente fa il procuratore di calciatori brasiliani, nonché il consulente esterno per conto dello Standard e dello Sporting.
Cruz, a cosa si deve questa sua rimpatriata a Napoli in occasione della sfida di Coppa Italia con la Lazio?
«Sono stato invitato dal mio amico, che è quasi un fratello, Filippo Fusco. Ero appena arrivato a Milano quando ho ricevuto la sua telefonata. E poi sulla panchina del Napoli, al fianco di Benitez, c’è un mio ex compagno di squadra, Fabio Pecchia, l’Avvocato. Venire al San Paolo mi procura sempre una bella emozione».
Sta seguendo il Napoli attuale? Cosa ne pensa?
«Sì, lo seguo e devo dire che è stato avviato davvero un progetto interessante con calciatori di livello internazionale. E’ tutto diverso dai miei tempi. Ora il club ha disponibilità economica, è ben strutturato, coltiva grandi ambizioni. Una sola cosa non è cambiata: il pubblico. I tifosi napoletani
Una sola cosa non è cambiata: l’amore dei tifosi per la squadra
“Sono fenomenali. Da nessuna altra parte ho visto tanto amore per la propria squadra”
Cosa pensa di Henrique, il difensore prelevato dal Palmeiras?
«Lo conosco e lo apprezzo. Uno dei difensori brasiliani, esclusi un paio di big, che mi è piaciuto di più negli ultimi anni. Henrique è alto, rapido, con buona tecnica e tanta personalità. Viene avanti palla al piede con eleganza e sicurezza. Per me il Napoli ha preso un ottimo giocatore»
Eppure nel Barcellona non aveva sfondato…
«Non è mai facile mettersi in evidenza in un club così importante. Specie se si arriva giovanissimo dal Brasile. Poi è andato in Germania, quindi al Racing Santander. Diciamo che è finito in confusione ma una volta tornato al Palmeiras ha dimostrato tutto il suo valore»
Ha pagato, quindi, lo scotto dell’arrivo precoce in Europa?
«Proprio così. A diciannove anni si trovò catapultato nel Barcellona. Venne pagato circa dieci milioni di euro. Per lui successe tutto così in fretta e non ebbe il tempo per dimostrare».
A Cruz, invece, diventò facile inserirsi nello Standard Liegi?
«Niente affatto. Soffrii per un anno intero, poi mi adattai alla grande e mi imposi definitivamente. Ma il mio percorso è stato diverso: prima di lasciare il Brasile avevo fatto parte di tutte le nazionali minori e nel Ponte Preta a diciotto anni ero già capitano, a ventuno mi richiese la Roma. Diciamo che ero più pronto»
Secondo lei Henrique potrà dare un contributo importante al Napoli? Non era meglio, forse, puntare a Dedè del Cruzeiro?
«Sono due giocatori diversi. Dedè è uno che viene avanti con eleganza ma non è così valido in fase difensiva. Bravissimo sul piano tecnico ma non altrettanto su quello tattico. Henrique, invece, abbina la qualità ad una buona dose di interdizione. Gli gioveranno le precedenti esperienza in Germania ed in Spagna. E quest’anno è stato il trascinatore del Palmeiras, un vero leader in campo. Per come sta giocando oggi il Napoli, mi sembra l’ideale. Sa districarsi anche a centrocampo»
Allora è vero che anche in Brasile stanno emergendo buoni difensori?
«Non è proprio così. Ora si sta prediligendo la forza a scapito della tecnica. E non va bene. Sono pochi quelli veramente bravi: Thiago Silva, David Luiz, Dani Alves, qualche altro. Ai miei tempi ce n’erano anche di più: da Aldair a Rocha, da Mozer a Cesar. Ed avevano tanta tecnica»
Come mai un giovane come Uvini non è riuscito ad imporsi nel Napoli? Lo conosce?
«Sì, lo conosco ed è anche valido sul piano fisico e tecnico. Giocavo insieme con il padre. Ma con i giovani il discorso è lungo. Bisognerebbe dargli il tempo ed assisterli nella maniera dovuta altrimenti si perdono. Gli farebbe bene tornare in Brasile così come ha fatto Henrique»
Rafael, invece, tra i pali si è imposto subito.
«Ma era bravo già nel Santos. Lo conosco perché ho in procura un portiere che era alle spalle di Rafael, Andrea Ferlini. Stiamo completando la documentazione per fargli avere il doppio passaporto e magari proporlo ad un club europeo»
Ha per caso in procura qualche ragazzo interessante?
«Sì, più di uno. Felipe Matheus, ad esempio, che gioca nell’Atletico Paranaense ma è giovanissimo»
Come lo era Jorginho quando è arrivato a Verona?
«Non lo conosco, ne ho sentito solo parlare»
Cosa consiglierebbe alle società italiane?
«Quello che ho suggerito in una riunione in Belgio dove c’era anche Olivier Renard che oggi fa il ds: creare una seconda squadra dove far crescere giovani sudamericani e non»
Come ipotizza De Laurentiis?
«E’ l’unica strada. Guardate in Spagna»
Le piacerebbe lavorare per il Napoli scovando talenti brasiliani?
«Mi piacerebbe tantissimo. Napoli ed il Napoli sono rimasti nel mio cuore».
Che pensa di Seedorf al Milan? «In Brasile ha fatto molto bene ma in Italia bisogna essere più scaltri sul piano tattico. Diamogli il tempo»
E per i Mondiali? «Il Brasile parte favorito. Oggi ci sono tante disponibilità finanziarie in più ed tutto l’ambiente è cresciuto. Ma io starei sempre attento alle europee: Spagna, Germania ed Italia su tutte».
FONTE Il Mattino
Articolo modificato 30 Gen 2014 - 11:19