3° posto - Una delle gare che i tifosi del Napoli difficilmente dimenticheranno è quella del 12 febbraio, quando al "San Paolo" gli azzurri affrontarono la Roma nella semifinale di ritorno di Coppa Italia, dopo che la gara d'andata era terminata 3-2 per i giallorossi. Il Napoli vuole la finale della competizione e lo fa capire spingendo subito sull'acceleratore. La Roma prende le distanze e argina la manovra partenopea. Almeno fino al 34', quando Maggio sfrutta un errore di Bastos e pennella un cross perfetto al centro dell'area e che Callejon scaraventa in rete di testa. Da lì in poi gli azzurri diventano assoluti padroni del campo e nel secondo tempo chiudono il match. Calcio d'angolo di Mertens, la palla spiove al centro dell'area e Higuain, che sovrasta Torosidis, firma il 2-0. È un trionfo, il tutto è reso ancora più magico perché accaduto davanti agli occhi di Maradona appena arrivato allo stadio. Higuain si galvanizza e diventa imprendibile, così come Mertens che pochi minuti dopo con un assist "no look" serve a Jorginho la palla del 3-0, l'italo-brasiliano raccoglie l'invito e mette dentro. Il Napoli è scintillante, la finale è in cassaforte. Gli azzurri hanno mostrato ancora una volta che, quando le motivazioni sono al cento per cento, non sono inferiori a nessuno.
Due centravanti atipici, che sconfessano il prototipo della prima punta che sta lì ad aspettare, diversissimi tra di loro eppure imprescindibili, ed in questo dunque uguali, per lo sviluppo della manovra offensiva. Se vogliono qualità, e soprattutto sostanza, nelle partite che contano Roma e Napoli non possono fare a meno di Totti e Higuain. Per il capitano giallorosso gli aggettivi si sprecano: la realtà è che al lessico del pallone serve un neologismo, un sostantivo inedito per definire una nuova categoria di attaccante, ammesso che possa esistere un altro Totti. E l’argentino? Beh, è il punto di riferimento della manovra azzurra attraverso un moto perpetuo: è lui a dettare i passaggi e i tagli dei trequartisti, tutto ruota intorno al Pipita.
SUBITO TOTTI. Se Higuain fa il suo, con molti tagli sulla destra cercando di dettare il passaggio vincente (le cose migliori sono i suoi due tiri-cross dalla destra sui quali manca l’inserimento giusto), sorprende all’inizio la posizione di Totti, sempre piazzato tra i due centrali azzurri, Fernandez e Albiol, pronto a giocare sulla linea del fuorigioco. Quando torna a prendere abbassandosi sulla mediana, ed è questo il suo movimento, cambia subito il corso della gara: assist al bacio per Gervinho ed uno a zero per la Roma. Nell’arco dei primi quarantacinque minuti, Totti riesce a costruire di più: l’assist, un tiro nello specchio (respinta di Reina), una punizione sporcata in angolo. Per caratteristiche, ovviamente, distribuisce più palloni del Pipita, 27 passaggi contro 11, ma le percentuali di precisione sostanzialmente si equivalgono (77,8% il giallorosso, 73,3% l’azzurro).
EFFETTO PIPITA. Quello che i numeri non dicono, però, spesso conta molto nello sviluppo della partita. Quando Totti esce, il suo score in 65 minuti è sostanzialmente quello dell’intervallo: un assist, un tiro nello specchio, due tiri respinti. Fino a quel momento, Higuain non era riuscito ancora a costruire il suo primo tiro che inquadrasse il bersaglio in senso stretto. Se esistesse però la categoria dell’assist su autorete, beh il conto con Totti sarebbe pareggiato già al 2′ della ripresa perché è lui, il Pipita, con il solito inserimento in posizione defilata, a innescare la deviazione di Benatia e l’autogol di De Sanctis. Ed è sempre lui, da centravanti di peso, a metterci il fisico e a smistare su Mertens il pallone che manda il belga in gol. Higuain esce sul 2-2: 84 minuti, tre tiri respinti, un’autorete provocata e lo zampino nel secondo gol. Primo round ai giallorossi, si replica tra una settimana. E sarà ancora nel segno di Totti e Higuain.
FONTE Corriere dello Sport
Articolo modificato 6 Feb 2014 - 09:17