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Rambo, per tutti, Nando per gli intimi, è stato di certo uno dei migliori centrocampisti di quantità che il Napoli abbia avuto nella sua storia. Ha avuto le stimmate del predestinato potendo contare su di un maestro in tenera età, quell’Arrigo Sacchi che lo avvio al calcio di posizione, badando anzitutto ai movimenti sulla linea di centrocampo, potendo assimilare le movenze degli schemi che hanno rivoluzionato il calcio. Irpino di nascita, rientra in biancoverde dove esordisce in A e viene notato qualche anno dopo dal Ct Bearzot che lo porta addirittura ai mondiali messicani, dove si mette in luce con alcune prestazioni di alto livello, ed aveva soltanto 22 anni, Lo stesso anno lo prende il Napoli per 5,8 miliardi, una cifra di alto spessore per quei tempi, dimostrazione che De Napoli era davvero nel mirino delle migliori compagini italiane. Il colpo azzurro si rivela azzeccato, De Napoli diventa il leader indiscusso prima della compagine partenopea di Bianchi che porterà in cascina il primo scudetto, poi tassello imprescindibile della mediana di Bigon per il secondo tricolore, intramezzato dalla vittoria della Coppa Uefa, a cui aggiungerà la Supercoppa Italiana nel ’90.

Cuore che pulsava sangue come fosse benzina, polmoni d’acciaio e grinta da vendere, centrocampista di contenimento e di rottura, bravo nella costruzione ed in grado di alternare brillanti inserimenti a coperture difensive da marcatore puro, aveva nel suo dna lo spirito del guerriero che gli valse il soprannome di Rambo, spesso protagonista di partite memorabili dove la gente ricorda le sue falcate a rubar palla per costruire la manovra dell’azione che si capovolgeva in favore degli azzurri. Insomma, un abile incontrista all’occorrenza palleggiatore, capace anche di lanci illuminanti e di intuizioni brillanti, che completavano il bagaglio di capacità di un calciatore che oggi non riesce nessuno ad imitare.

Altro pezzo leggendario rappresenta la gara di ritorno della finale di Coppa Uefa contro lo Stoccarda, questa volta in negativo, quando favorì le due reti dei tedeschi che si portarono sul 3-3, quando a vine partita, scherzosamente dichiarò “li ho fatti segnare io” per scrollarsi di dosso due errori banali, ma a fronte di una prestazione in generale da infaticabile mastino. Ha avuto la fortuna di giocare al fianco di Salvatore Bagni, dal quale ha di certe ereditato capacità di interdizione, ma soprattutto l’impostazione di un gioco che si permeava sulla grinta, sulla volontà di mettere in campo l’anima, fino all’ultima goccia di sudore. Lo si ricorda sicuramente come uno dei pilastri di un centrocampo da paura, che in quegli anni ha forse avuto il periodo più florido nel senso di blasone, considerando che in un decennio sono arrivati veri e propri protagonisti del calcio italiano, tant’è vero che gli stessi si sono poi affermati anche in nazionale, dove De Napoli è stato protagonista anche grazie all’ottimo feeling stabilito con il successore di Bearzot, Azeglio Vicini, che lo scelse come leader del centrocampo dell’Italia dapprima agli Europei dell’88 e poi ai Mondiali ’90, dove soltanto l’Argentina del’amico Maradona fermerà un sogno chiamato Coppa del Mondo.

Al’epoca della semifinale di Napoli fu uno dei calciatori più colpiti dalla spaccatura avvenuta tra i tifosi partenopei, parte dei quali tifava per la nazionale di Diego. Dopo sei anni in azzurro, 176 e 8 reti, nel ’92 passò al Milan per 6,5 miliardi di lire. I maligni diranno che Berlusconi in realtà volle soltanto indebolire il Napoli, avendo il Milan un centrocampo da sogno, dove Nando non riuscirà mai ad inserirsi, anche per colpa di un infortunio che ha minato gli anni milanesi. Dopo due stagioni passò alla Reggiana dove in tre anni divenne leader del gruppo, arrivando addirittura a ricoprire cariche in società. Da circa nove anni è lontano dall’ambiente calcistico, un mondo che ricorderà “Rambo” come il prototipo di giocatore modello da cui bisognerebbe prendere esempio, per completezza, per spessore professionale, per quel suo modo di affrontare qualsiasi difficoltà con la consapevolezza di avere dentro una forza grande, al di là dell’avversario, al di sopra di qualsiasi ostacolo si contrapponesse tra lui e la vittoria. In qualche intervista De Napoli ricorda sempre l’orgoglio di essere stato l’unico calciatore irpino a militare in nazionale, ma non dimentica mai l’amore di un popolo che lo ha assorbito tra i propri figli, attraverso la squadra con la quale ha vinto tanto,  così come nel Milan dove però non potrà mai dire di aver contribuito in maniera fattiva ad alzare un trofeo, a cucirsi lo scudetto sulla maglia. Che non sia proprio un calciatore come De Napoli ciò di cui ha bisogno oggi il Napoli di Benitez?

Di seguito un video in cui è possibile vedere una rete di De Napoli contro il Parma nel 1990, in un 4-1 che sembò aprire le porte dello scudetto.

Articolo modificato 6 Feb 2014 - 23:51

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Scritto da
redazione