L’ansia da pre-partita non è stata di quelle dalle grandi occasioni. Devo essere onesta, ci sono stati Napoli-Milan molto più emozionanti, più stressanti o più inquietanti. Questo qui, è stato un pre-partita addirittura con sonnellino pomeridiano e con partenza da casa alle sei. Tardi, per i miei gusti, ma i miei compagni di viaggio hanno deciso così e così ho dovuto fare anch’io. E’ stato un pre-partita da nessuna fila all’ingresso, da controllo superficiale dello zaino, da nessuna palpatina nel cappuccio, da nessuno che s’infila dietro di me per passare nel mio stesso tornello di curva superiore con un biglietto di curva inferiore. E’ stato un pre-partita da clima di scampagnata, con uno dei nostri che continuava a sfornare rustici come neanche nelle migliori pasquette a memoria di Tony Tammaro: col prosciutto cotto, col salame, con la pancetta, con le scarole. Poi, le solite noccioline e, stavolta, anche i lupini, per accontentare la voglia di un amico che ad ogni partita viene apposta da Verona. Beh! Ogni volta, proprio no! Quest’anno, ha saltato Parma, Udinese e Chievo. Va da sé, che dalla prossima lo andiamo a prendere noi fin sotto l’Arena. Insomma, non è stato un pre-partita da Napoli- Milan classico. E’ stato anche un pre-partita da: “Uah! Ancora questa maglia gialla!!”. L’azzurro comincia a mancare un po’ troppo e non averlo neanche in casa è un sacrilegio. Sembra di tifare Verona. Probabilmente, la scelta è strategica per far ambientare meglio Giorgino, ma mi pare si sia già abbastanza ambientato e che possa bastare così. Ed è stato anche un pre-partita in cui non ci si è chiesto neanche chi sia schierato dalla squadra avversaria. Un pre-partita da: “Sbrighiamo questa pratica e andiamo!”.
Poi comincia la partita. E ricomincia la stessa storia. Noi giochiamo, loro segnano. Non sappiamo neanche chi sia. Il nuovo arrivato. Chiaramente. Quello che segna all’esordio. Il Bonaventura della situazione. O il Carmona, o il Konè, o il Bianchi che risorge, o il Moscardelli che segna due volte l’anno, o il Portanova alla prima dopo la lunga squalifica. Insomma, forse avremmo dovuto chiedere chi avesse schierato il Milan, giusto per ricordare l’ennesimo nome a cui abbiamo steso il tappeto rosso per entrare in porta. Fernandez ha sfoderato un abile passo del gambero, Albiol la chiusura della strafottenza e Reina la bestemmia del giorno. Noi, quelle di un anno intero. Insomma, segna il Milan con Tararara. Si chiama così, no?! Come, giustamente nota qualcuno, noi facciamo segnare quelli con i cognomi nuovi o strani, così si ricordano meglio. Ma stavamo giocando troppo bene, per essere vero. E allora arriva il pareggio con Inler, che si scrolla di dosso gli anatemi e le fatture e i malocchi e le bestemmie e anche i fischi di qualcuno.
Poi tutto liscio. E’ tornata ad essere una partita senza particolari ansie, con facilità d’impostazione, con facilità di tiro, con facilità di difesa, con facilità di vittoria. Con le piccole è così. Se imposti subito il gioco e loro ti lasciano campo, diventa tutto più semplice. Dagli spalti qualcuno grida: “Uah! Allegri sta nir’ nir’!” Applaudiamo Kakà, onesto e leale come pochi. Anche quando Inler temporeggia un po’ troppo a terra, costringendolo a buttare la palla fuori. Fosse stato un altro, avrebbe continuato senza pietà. Se fosse stato un azzurro a farlo, lo stadio avrebbe rumoreggiato sicuramente.
I malumori, invece, si sono registrati in curva. Una curva B che va contro il Presidente a prescindere. Uno striscione che recitava: “Meglio la serie C che un presidente così”, indegno e contestato da buona parte della curva stessa. Io, in tutti i casi, alla serie C e ad uscire ai play off con l’Avellino, preferisco uscire dalla Champion’s con 12 punti, ammirare la classe di Higuain, i polmoni e il cuore di Mertens, Balotelli che esce piangendo dal San paolo, andare in trasferta all’Emirates Stadium, giocare ogni tre giorni perché hai le coppe europee, vincere la Coppa Italia, aver goduto Cavani per anni, essere sulla bocca di esperti internazionali di calcio perché siamo una realtà ormai consolidata anche in Europa. Alcuni tifosi, però, sono d’accordo con loro, restano da serie C. E per loro non esistono promozione e playoff. A loro, evidentemente, basta entrare gratis allo stadio, non subire le stesse perquisizioni che subisce un tifoso medio prima di entrare, sparare qualche bombetta e accendere qualche fumogeno, salutare chi all’ingresso gli apre i cancelli, compiacente e senza batter ciglio, fare i prepotenti se per caso ti venisse in mente di portare un vessillo diverso dal loro in curva, chiamare il presidente “pappone”, scordandosi che, se proprio sta mangiando dei soldi, quelli sono i nostri che paghiamo regolarmente il biglietto e che andiamo in trasferta ovunque, superando la “coerenza e mentalità”. Quella stessa “coerenza e mentalità” che, ancora una volta, ha permesso loro di cantarsi da soli che col sapone non si sono mai lavati. Io comincio a credergli.
E per fortuna, questa volta, i fischi sono stati solo per loro.