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L’uno e l’altro pari sono: però si gioca in undici e dunque bisogna scegliere, meditare e poi poggiare la testa sul cuscino, lasciarla andare liberamente e fare in modo che vada laddove ti porta il modulo. Perché Insigne e Mertens, ormai, sono «separati dalla nascita» , però gli estremi (di sinistra) che si sfiorano e anzi si toccano ogni volta che per Benitez arrivi l’ora della scelta: e adesso che c’è in palio la finale di coppa Italia, il dubbio (amletico) è su chi dovrà esserci dall’inizio e chi no.

TITOLARISSIMI. Squadra che vince non si tocca, eh no, semmai si ritocca qua e là: però il giudice sportivo è intervenuto d’autorità, a messo assieme i cartellini gialli del passato e, meccanicamente, ha tirato fuori dalla trasferta di Reggio Emilia, contro il Sassuolo, Jorginho, Inler e Callejon. In pratica, li ha spediti in campo per stasera: così, a naso, anche se Behrami ha qualche chanches (più di una), avendo gambe per andare su chiunque e almeno un mese e mezzo di riposo. Insomma, fidarsi è bene ma non fidarsi è ancora meglio: va a finire che il mediano sfili via il posto da titolare ad Inler, che negli ultimi trentasei giorni ha giocato nove partite. Ballottaggio: per convenzione, ancor prima che per convinzione.

A VOI. Il resto sembra scritto sulla roccia, perché un po’ si deve e un po’ a Benitez piace: torna Réveillère nella lista dei convocati, ma Maggio ha dimostrato di essere in crescita e Ghoulam ha leggerezza; i due centrali difensivi sono Fernandez ed Albiol; la punta, non sia mai detto il contrario, è Gonzalo Higuain, mica solo un nome, mica solo una garanzia; l’ultimo Hamsik, quello con il Milan, è sembrato parente assai prossimo del primo, quello del passato; a destra ha già tirato il freno Callejon, che poi salterà il match di campionato e dunque potrà prepararsi per l’Europa League ed alla fine, gira e rigira, l’altro «duello» (per così dire).

PERCHE’ L’UNO. E allora, resta l’ultima maglia da assegnare, dunque l’ultimo posto, quindi l’unica corsia rimasta per metà (quella «alta» ) sgombera: Insigne o Mertens, non c’è dubbio, come accaduto spesso e volentieri nel corso dell’annata. E’ un’alternanza sistematica, è un «braccio di ferro» amicale che va in scena da sempre, che negli ultimi tempi – da Verona in poi – ha premiato innanzitutto il belga (quattro volte titolare in campionato), capace di garantire un equilibrio sostanziale nell’allineamento della mediana, dunque – con il sostegno di Callejon – di riprodurre il centrocampo a quattro; e comunque in grado di far male, puntando nell’uno contro uno, e quindi di creare la superiorità sull’esterno (ma anche nel mezzo). Mertens ha cambiato la sfida dell‘Olimpico, ha provveduto ad indirizzare il «quarto» con la Lazio, ha garantito l’oscillazione dell’asse tanto in avanti quanto all’indietro.

PERCHE’ L’ALTRO. Ma Insigne è il titolare in «pectore» (venti dall’inizio, fino a questo momento), è stato rilanciato dopo un momentaccio con il Milan e nelle tre di coppa Italia non ne ha saltata mai una. Ha ritrovato verve in fase conclusiva – segna poco, vero, ma ci sempre vicinissimo, e non solo calciando a giro ma persino di testa, come sabato sera – e non ha mai abbandonato nelle coperture, garantendo le diagonali ed anche un livello elevato di generosità. Sia lui che Mertens si sfiancano, si concedono al disegno tattico, antepongono le esigenze collettive alla propria vocazione: si va al fotofinish, due fulmini per partire sparati…

FONTE Corriere dello Sport

Articolo modificato 12 Feb 2014 - 08:39

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Scritto da
redazione