Ci sono mattine in cui fai fatica ad aprire agli occhi. Vorresti tenerli chiusi e non staccarti mai dai sogni. Dopo la scorpacciata di ieri sera è stato difficile per tutti i napoletani riprendere in mano la propria vita, storditi e mandati al tappeto da un tripudio di emozioni totalizzanti.
Si era accasciato, il Napoli. Ma, almeno per chi ne conosce bene le caratteristiche, non ha mai dato l’impressione di restare inerme al suolo. Gli schiaffi, subiti al momento giusto, sono la scintilla della svolta in ogni aspetto della quotidianità. Tre schiaffi poi, come quelli subiti a Bergamo, sono come una sveglia impazzita alle sei del mattino. A quel punto si giunge ad un bivio: rotolare giù nella scarpata delle malelingue o guardarsi in faccia, magari dirsene quattro, e riprendere il cammino con maggiore convinzione.
Dalle ceneri dell’agghiacciante pomeriggio in casa dell’Atalanta gli azzurri hanno tratto insegnamento, dopo aver colpevolmente snobbato i tentennamenti con Bologna e Chievo. Da lì, raccolti i cocci, lo spirito di squadra, forza del gruppo, la disposizione al sacrificio, finanche la serenità hanno raggiunto un nuovo stadio. Passaggio di consegne con l’ultimo scintillante Napoli di questa stagione, quello che ha inutilmente schiantato l’Arsenal a Fuorigrotta. E’ tornato, raggiante e lancinante come la vivida maglia gialla indossata.
Tirate su le maniche anche qualche accorgimento tattico ha iniziato a dare i suoi frutti. Certo, oltre al lavoro certosino che sta svolgendo Benitez, l’aggiunta di nuovi uomini allo scacchiere è parsa vitale. Jorginho (a tratti eccezionale) e Ghoulam (quanto meno affidabile) hanno restituito coerenza all’assetto e anche i compagni di reparto (vedi Inler) ne stanno traendo beneficio. E spezziamo una lancia in favore del pluricriticato Bigon. Tra l’altro, il ritorno di Behrami e l’esordio di Henrique, assicurano nuove ipotesi a favore della compattezza. Hamsik, il vero punto interrogativo della stagione partenopea insieme a Zuniga, è l’assoluto ago della bilancia. Nelle ultime due gare ha ritrovato il bandolo della matassa, dimostrando quanto sia determinante in entrambe le fasi. La retroguardia continua a concedere spazi e occasioni eccessive, recentemente con qualche lapsus di troppo sugli automatismi del fuorigioco. Le amnesie, però, stanno regredendo e nel complesso appare una maggiore armonia nei movimenti. Poi, sia chiaro, gli uomini sono questi almeno fino a giugno. E i miracoli, si sa, non sono un fenomeno calcistico.
Una conclusione, però, non ha ombre di dubbio: ieri è stata la vittoria di Rafa Benitez. Della sua idea di calcio e di una perseveranza a volte addirittura fastidiosa. Quella che appartiene solo ai grandi. Scacco matto a tutti i denigratori, a coloro che oggi lo esaltano e fino ad una settimana fa lo ritenevano bollito ed inadatto al campionato italiano. Anzi, ad onor del vero, qualcuno ha anche messo in discussione la sua permanenza a Napoli per l’anno prossimo. Spazzati via. Così com’è stato ridimensionato il pavone Garcia, forte e orgoglioso dei risultati ottenuti e del gioco espresso finora, si era lasciato un po’ travolgere da un’italianissima spocchia. Prosciugato il suo centrocampo, è naufragato insieme alla sua maggiore certezza: la difesa impenetrabile.
Il campionato ha appena effettuato il giro di boa. Tanto può ancora accadere. Ora come non mai è vietato calare la tensione e cullarsi sugli allori. Anche perchè il Napoli ne soffre geneticamente. L’entusiasmo e le nuove garanzia fungano da propulsore di umiltà nelle prossime gare contro Sassuolo, Genoa e Livorno. Serve continuità e coerenza. Serve coraggio. Anche in Europa League, un altro sogno in rampa di lancio. Senza tregua. Toccare il fondo per poi tornare ad apprezzare un raggio di sole. Chi si ferma è perduto!
Ivan De Vita
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Articolo modificato 13 Feb 2014 - 11:03