Giovane Napoli: infanzia, adolescenza, maturità precoce. Incredibile? No, soltanto vitamine e ormoni a prova di antidoping. Dieci anni e sentirli tutti: la (vecchia) C, la B, il ritorno in A, in Europa e ai trionfi. E poi i Tre Tenori; Reja e Mazzarri; Rafa, Higuain e quelli di una gang terribilmente vincente: autorizzazione scritta a sognare a occhi aperti e chiusi. Dieci anni e vai col tango: guida il Pipita, la danza delle coppe. E sullo sfondo, lui: Aurelio De Laurentiis. Il produttore di un film da Oscar tutto azzurro: Napoli. Semplicemente.
SOGNI E REALTA’ – E allora, 2004-2014: 3.650 giorni, o giù di lì, a costruire, progettare, rilanciare nel segno di una città e di un popolo più unico che raro. Non c’è distinzione, tra città e squadra: un solo corpo, una sola anima, e una malattia incurabile che si chiama amore incondizionato. Un privilegio, sedere in cima a un mondo come questo; una fortuna, guardare la creatura schizzare dalla terra battuta ai prati dell’Olimpo: Londra, Barcellona, San Siro e l’Olimpico vestito a festa sembravano lontani anni luce, guardando il Napoli attraverso le ceneri del fallimento. Poi, De Laurentiis e il clic: scudetto, Champions, coppe varie, finali e fuoriclasse sono il pane quotidiano impastato in dieci anni di lavoro. Delizia.
LA SCALATA – C’erano una volta la prima e l’ultima, settembre 2004-febbraio 2014: Napoli-Cittadella 3-3, con gol di Toledo Machado, e Sassuolo-Napoli 0-2, griffata in calce dal talento puro di Lorenzo Insigne, un ex bambino che dieci anni fa il presidente, come quasi tutto il calcio, non aveva mai sentito neanche nominare. E poi c’erano anche la finale play off della vecchia C1 persa ad Avellino, la festa promozione in A di Marassi e il debutto europeo di Boras. Un puntino svedese: il primo passo verso le mitiche notti di una Champions che ormai è obiettivo minimo e poi l’ispirazione alla conquista del primo trofeo: Coppa Italia 2012 e sbarco in Cina, dopo otto anni di vita nuova. E continui rinnovamenti: Lavezzi e Cavani per sempre? Macché: l’irriducibile è Hamsik. L’ultimo dei mohicani azzurri, giocando un po’ con quella cresta che, dei primi dieci anni, è l’acconciatura simbolo. E poi, come si dice: soltanto di Maradona non ce n’è un altro. E infatti, il mal di bomber l’ha curato in un attimo Gonzalo Higuain. El señor 40 milioni di euro: Pipita d’oro in tutti i sensi, il più pagato della vita azzurra. Capitolo tecnici: Ventura e Donadoni, signori allenatori, ma soprattutto Reja e Mazzarri. Grandi incontri e mega scontri, ma di certo nella storia del nuovo corso: meritano applausi. Poi, però, via a pensare al domani più internazionale che c’è: arriva Benitez, enciclopedia di vittorie. Chapeau.
L’ANNIVERSARIO – E ora, la curiosità che divora vivi: come in un saga appassionante, tutti ad aspettare il finale del decimo libro. E’ febbraio, ma qualcosa s’intravede già: la seconda finale di Coppa Italia in tre anni, l’avventura in Europa League e il campionato con ambizioni a cotè. Decimo anniversario, De Laurentiis, Napoli e il Napoli. Proiezioni? Sorrisi e silenzi: perché il primo decennio ha spiegato anche quanto la scaramanzia faccia parte del progetto. Made in Naples. Cento percento.
Fonte: Corriere dello Sport
Articolo modificato 18 Feb 2014 - 11:07